Controstorie

L'imam amico degli ebrei che combatte l'islamismo

Predica la pace, un culto che rispetti la donna e che si stacchi dalla politica. Rischiando la vita

L'imam amico degli ebrei che combatte l'islamismo

Combatte a viso aperto gli oscurantisti, considera «un veleno» l'islam politico e chiede che i Fratelli Musulmani siano riconosciuti come gruppo terroristico. Vive sotto scorta da quando - dieci anni fa - la sua moschea è stata presa d'assalto. Lo chiamano «l'imam degli ebrei» per screditarlo, ma lui se ne fa un vanto. «Altro che traditore. Traditore è chi tradisce la vita».

Hassen Chalghoumi è l'imam di Drancy e in questo sobborgo a dieci minuti da Parigi, nel 1941, le autorità collaborazioniste aprirono un campo d'internamento per deportare gli ebrei francesi. Dalla Francia di oggi, gli ebrei sono costretti a scappare dopo un'escalation di minacce e atti criminali: un anno e mezzo fa la 85enne Mireille Knoll è stata accoltellata e bruciata nel suo appartamento, lei che a 9 anni era scampata al rastrellamento del Vélodrome d'Hiver. Stessa matrice antisemita, un anno prima Sarah Halimi era stata gettata dal terzo piano del suo palazzo al grido di «Allah u Akbar». Nel 2012 quattro persone (tre bambini) furono uccise a Tolosa all'ingresso di una scuola ebraica. Nel 2006 Ilan Halimi, 24 anni, fu rapito e torturato per tre settimane da una banda islamista nel sobborgo di Bagneux, e la targa che lo ricordava è stata vandalizzata per due volte, tanto da indurre la madre a dargli sepoltura in Israele. I crimini antisemiti proseguono: il 3 dicembre oltre cento tombe sono state profanate nel cimitero ebraico di Westhoffen, vicino a Strasburgo. Chalghoumi li ha definiti «comportamenti razzisti, intolleranti e vigliacchi». Erano svastiche, ma Hassen sa che non è solo il neonazismo la minaccia. «In Francia ammette - gli ultimi attacchi contro gli ebrei sono stati perpetrati da musulmani». E cita Tolosa e Bruxelles, e l'Hyper Cacher di Porte de Vincennes, dove nel gennaio 2015 si aprì una stagione di sangue che poi si sarebbe orrendamente conclusa al Bataclan.

Nato a Tunisi nel 1972, studi a Damasco, in Francia dal '96, nelle banlieue in fiamme l'imam di Drancy è un muro umano contro la follia jihadista. Predica un islam «che separi la moschea dalla politica». «Un «islam liberale, di luce - lo chiama così - che rispetti la dignità della donna e si stacchi dall'islam politico e dagli estremisti». «Nel 2010 - racconta - fui fra i primi contro il velo integrale e per questo mi definirono il muftì di Sarkozy (l'allora presidente francese, ndr). Nato in una famiglia normale - padre veterinario e madre casalinga - sente un debito di riconoscenza per la Tunisia di allora. «Rendo omaggio al presidente Habib Bourghiba, che ha spinto molto sull'educazione e sull'emancipazione della donna. Ben Alì e Beji Caid Essebsi hanno proseguito questa tradizione, grazie alla quale per esempio mia sorella oggi è professoressa universitaria in Canada. Il nuovo presidente ha una visione diversa, io spero che cambi idea, che pensi all'interesse generale, la priorità dei tunisini è l'economia, non certo il conflitto israelo-palestinese». La Tunisia di oggi lo preoccupa. Definisce «catastrofico» il risultato elettorale e vede «ingerenze straniere». «Qatar, Turchia e Paesi vicini vogliono destabilizzarla, ma penso che la società civile e le donne sapranno resistere e proteggere i valori acquisiti in passato. La Tunisia resterà un Paese moderno».

Chalghoumi è sposato e ha 5 figli. Racconta che il suo «bisogno di conoscere la religione» è venuto fuori nel 1988: «In Algeria gli islamisti uccisero una donna e il suo bambino piccolo. Questo mi ha spinto a capire bene l'islam e l'islamismo». Il giudizio è netto: «Un islamista è un islamista. I Fratelli Musulmani sono sempre loro, con la loro ideologia, islam politico. Vogliono il potere usando la sharia, non sono gruppi pacifici. Chi fomenta il conflitto israelo-palestinese sono loro: Hamas è un gruppo terroristico. Gli Hezbollah sono come Fratelli Musulmani sciiti, stessa cosa Jabhat al-Nusra, e poi nello Yemen, in Tunisia e in Libia. Gruppi in collegamento coi Fratelli. Abbiamo visto i danni che hanno fatto in Egitto, nello Yemen, ovunque. Spero che presto l'Europa e l'Onu li considerino come un gruppo terroristico. È il momento». Hassen in Israele ha incontrato il premier Benjamin Netanyahu, il presidente Reuven Rivlin e il predecessore Shimon Peres, Nobel nel '94. «Ho avuto l'onore di portare cento imam al memoriale della Shoah». «Sono uomo di pace - dice - E il mio rapporto di pace con Israele lo pago». «Da anni - racconta - ricevo minacce di morte dal Daesh e fatwe anche da membri di Al Qaeda e di Hamas. Questo dimostra che il nostro discorso è più forte dell'odio. Io non posso stare in silenzio».

Pochi giorni fa ha partecipato all'accensione dell'albero di Natale in piazza San Pietro, dove nel 2013 era già stato con altri imam. A Roma era accompagnato da Alessandro Bertoldi, direttore dell'Istituto Friedman e presidente dell'Alleanza per Israele. «Lo inviterò ancora - dice Bertoldi - Chalghoumi è una personalità eccezionale, ha messo la sua vita al servizio della pace, della democrazia e della libertà, e rischia la vita per difendere i nostri comuni valori dalla minaccia islamista e dal terrorismo».

«L'islam - dice Chalghoumi - sarebbe religione di pace e amore. Rispettare il prossimo è rispettare la vita, invece l'islam politico la prende in ostaggio». «Io? Sono un musulmano repubblicano, credo nella Repubblica. Io ho vissuto nella repubblica tunisina e in Francia, dove la laicità separa la religione dal potere. Un musulmano deve adattarsi alla modernità, la religione non deve essere un ostacolo». Oggi, la sua voce sembra predicare nel deserto, ma Chalghoumi assicura: «Il 60% dei musulmani la pensa come me».

Però sa anche che ci vorrà molto tempo prima che questo suo islam illuminato abbia la meglio: «Anche il Cristianesimo ha avuto bisogno di tempo, ma pure l'islam troverà il suo posto».

Commenti