Quel silenzio ipocrita sugli insulti a Meloni

Cara Eugenia, il giorno in cui le femministe e gli intellettuali progressisti troveranno il coraggio di condannare anche gli improperi rivolti a chi non vota come loro, quel giorno torneremo a prenderli sul serio

Quel silenzio ipocrita sugli insulti a Meloni
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Gentile direttore Feltri,

sono indignata per le parole pronunciate da Maurizio Landini contro la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il leader della Cgil ha usato il termine «cortigiana», lasciando intendere chiaramente che si trattasse di un insulto a sfondo sessuale, una forma elegante per dire prostituta. A me pare un attacco sessista

a tutti gli effetti: la solita parola riservata alla donna quando non si hanno argomenti. Eppure non ho visto alcuna indignazione. Non una voce dalle istituzioni, non una femminista che si sia ribellata, nessun partito a sinistra che abbia preso le distanze. Ma se quelle parole fossero state rivolte da un uomo di destra a una donna di sinistra, immagino

che sarebbe scoppiato un putiferio. Come si spiega questo silenzio? E cosa pensa lei di questo tipo di linguaggio, così volgare e offensivo?

Eugenia Parisi

Cara Eugenia,

hai perfettamente ragione. La vicenda degli insulti di Landini contro Giorgia Meloni è emblematica dell'ipocrisia della sinistra e del femminismo militante: si stracciano le vesti per il maschile generico (ministro invece di ministra), ma tacciono come statue quando una donna viene insultata in modo violento, sessista, becero. Landini ha detto che Meloni fa «la cortigiana» dei potenti. Non ci vuole molto per capire che voleva darle della puttana. Un termine infame, infangante, che si usa solo contro le donne, e che dimostra quanto poco rispetto abbia questo signore per le istituzioni e per le donne stesse.

In qualunque altro contesto, una simile uscita avrebbe scatenato un putiferio. Immagini se l'avesse detto Salvini a Elly Schlein. Apriti cielo! Avremmo avuto titoli di giornale per settimane, appelli di attrici e intellettuali, interrogazioni parlamentari, commissioni speciali e probabilmente una mozione per dichiarare il 16 ottobre giornata contro il linguaggio d'odio. E non dimentichiamo le richieste di dimissioni.

Invece niente. Silenzio. Silenzio colpevole, complice, vergognoso.

Perché? Perché Giorgia Meloni è di destra. Perché è una donna libera, forte, non allineata al pensiero unico. E allora si può insultare, si può attaccare, si può perfino darle della troia, basta farlo in modo un po' colto, tipo «cortigiana», e si passa lisci.

Questa è la verità: la sinistra pretende di detenere una licenza speciale per oltraggiare, una patente morale che consente tutto a chi si proclama dalla parte giusta. Ma la verità è che la sinistra, oggi, è il luogo più violento e aggressivo del dibattito pubblico. Parla di amore, ma vomita odio. Parla di rispetto, ma disprezza chiunque la pensi diversamente. Parla di donne, ma le difende soltanto se sono di sinistra e sottomesse. E non è un caso che tutto questo arrivi da Landini, il segretario di un sindacato che non rappresenta più i lavoratori, ma milita per i migranti, per Gaza, per cause ideologiche che nulla hanno a che

fare con le fabbriche, i pensionati, gli operai, le bollette. Un sindacato che ha perso il senso della realtà e oggi si fa notare esclusivamente per la rozzezza verbale del suo leader e la sua inadeguatezza.

Io non difendo Giorgia Meloni perché è Giorgia Meloni. La difendo perché nessuna donna dovrebbe essere offesa in questo modo. Nessuna. Mai.

E ancor più grave è che ciò accada da parte di chi predica il rispetto e pretende di rieducare tutti alla tolleranza.

Cara Eugenia, il giorno in cui le femministe e gli intellettuali progressisti troveranno il coraggio di condannare anche gli

improperi rivolti a chi non vota come loro, quel giorno torneremo a prenderli sul serio. Fino ad allora, continueremo a chiamare le cose col loro nome: ipocrisia. Volevo scrivere altro, ma non intendo adeguarmi al loro lessico.

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