L'imputato al giudice: «Mi condanni a 10 anni». E alla fine se la cava con 7

Era accusato di quattro rapine. Il suo legale aveva chiesto il rinvio dell'udienza per legittimo impedimento, ma in aula l'uomo si è alzato e ha detto al gip: «Voglio pagare il mio debito»

«L'avvocato oggi non può difendermi? Signor giudice non importa. Non rinvii l'udienza. Io voglio essere condannato, voglio pagare il mio debito con la giustizia. Secondo me, mi merito 10 anni di reclusione. Né più, né meno». Così Marco Ferrari, romano di circa trent'anni autore di quattro rapine in banca, imputato davanti al giudice per l'udienza preliminare Marina Zelante. Una perorazione tanto insolita la sua al palazzo di giustizia che ha spinto il pubblico ministero Antonio Sangermano, titolare dell'accusa, a modificare al ribasso la precedente richiesta di condanna per l'imputato, valutata proprio in 10 anni di carcere. Ferrari infatti risponde di quattro episodi di rapina pluriaggravata per altrettanti colpi eseguiti in banca nel 2009 armato di taglierino. Rapine commesse da pregiudicato specifico e recidivo, violando tra l'altro la misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Quando era stato fermato, Ferrari aveva subito confessato tutti gli episodi. Prima in sede di sommarie informazioni, poi durante l'udienza di convalida del fermo. E finito in carcere in attesa del processo, ha deciso di mettersi a studiare perché il diploma in podologia secondo lui non bastava per rientrare in carreggiata. Si è messo sui libri e oggi è laurendando in lettere. Con il suo legale, una volta chiusa l'inchiesta, ha scelto di essere giudicato con rito abbreviato. Un giudizio ben più veloce del dibattimento perché si basa solo sugli atti dell'indagine, che premia chi lo sceglie con lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. Ferrari ora è comparso davanti al gup per l'udienza. Il suo difensore aveva un problema a intervenire ritenuto legittimo da Zelante, che era pronta a rinviare la discussione. Ma l'imputato ha preso la parola chiedendo di essere punito subito. «Rinuncio al rinvio per legittimo impedimento del difensore, rinuncio già ora all'appello, rinuncio a tutto perché voglio espiare la mia pena», ha detto, depositando inoltre una memoria scritta in cui ribadiva l'intenzione di non impugnare un'eventuale sentenza di condanna. E rivolgendosi al difensore: «Per favore, resti cinque minuti». Quindi ha concluso guardando Zelante: «Signor giudice, io credo nella giustizia. Devo pagare il mio conto».

Il procedimento è così proseguito e al termine della propria discussione, l'accusa ha invocato 6 anni e 8 mesi di reclusione, esprimendo parole di lode per l'irreprensibile comportamento processuale dell'imputato. Alla fine il giudice gli ha inflitto 7 anni di reclusione.

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