nostro inviato ad Appiano Gentile
L’altra volta ci aveva voluto far sapere che non era un pirla, espressione molto dialettale, un milanesismo per dire che non era un uccello. Questa volta ha tenuto a precisarci che non è un merlo. C’è sempre un po’ di città ma è un’espressione meno vaga e allo stesso tempo addolcita, anche se in fondo il concetto rimane il medesimo: «Sono nella storia del Porto e del Chelsea, non ancora in quella dell’Inter».
Ma l’impatto con la squadra come è stato?
«La sensazione è positiva. Amo stare con la squadra, ho visto gioia e entusiasmo. Io ho bisogno che il gruppo stia con me e la pensi come me. Ho parlato con tutti, non sono un rivoluzionario e ho idee molto chiare, cerco gente onesta, diretta e ambiziosa. Se uno ha queste caratteristiche, lavorare con me diventa molto facile».
Lei ha anche un codice di comportamento?
«Chiedo solo quello che posso fare anch’io».
Ancelotti ha detto che in fondo lei non è stato un grande calciatore...
«Neppure Sacchi lo è stato, e perfino il mio odontoiatra, che è bravissimo, non ha mai avuto il mal di denti. Comunque sono felice che sia arrivato Ronaldinho, ne guadagna il campionato italiano».
Sei difensori centrali sono troppi?
«Oggi ne ho tre, Materazzi, Burdisso e Rivas. Ma quando saranno guariti anche Cordoba, Samuel e Chivu ne avrò sei, due in campo, uno in panchina e gli altri tre dovranno andare in tribuna: sono troppi tre in tribuna. L’ho detto a Burdisso e lui ha capito la situazione, anche se il mercato è ancora lungo e non si sa mai quali sorprese può presentare».
Lei è favorevole alla competizione fra due giocatori che coprono il medesimo ruolo?
«Sì, è importante, a me piace la guerra fra due che si contendono il posto da titolare. È una situazione che non lascia mai tranquilli, ecco perché voglio due giocatori per ruolo. Quello dietro cercherà sempre di rubare il posto al primo che non potrà mai sentirsi appagato altrimenti diventa il secondo. È un po’ come arrivare ad allenare una squadra che ha vinto molto oppure una che non vince da tantissimo. Non cambia nulla se le motivazioni sono valide, se la prima è formata da giocatori che non si sono stancati di vincere e la seconda da giocatori che vogliono cominciare a vincere».
Anche sei attaccanti sono troppi?
«Meglio troppi che nessuno».
Ma questa volta con chi ha parlato?
«I calciatori sono animali molto speciali, vogliono giocare sempre. Ne ho sei in organico e ognuno ha caratteristiche diverse, credo di essere veramente al completo, un reparto pronto per l’Europa e per l’Italia. A me piace il 4-3-3 con tre attaccanti veri. Magari gioco con due ali, oppure con due centravanti, oppure con tre punte molto mobili. Tutti quelli che ho a disposizione possono coesistere, anche Adriano con Ibrahimovic».
Cosa pensa di Ibrahimovic?
«Lui resterà sotto controllo stretto del medico nella prima fase. A Brunico lavorerà con il preparatore atletico, poi entrerà in una terza fase dove svolgerà alcune sessioni di lavoro con il resto della squadra, fino alla completa integrazione. Non mi aspetto che giochi le prime amichevoli della stagione. Mi aspetto che sia in campo per la prima giornata di campionato».
E a centrocampo è a posto?
«Non credo, ho parlato chiaro sia ai giocatori sia alla società: a me serve un altro centrocampista con caratteristiche diverse. Lampard e Quaresma? Io devo rispettare i club a cui appartengono».
A Stankovic cosa ha detto?
«Gli ho parlato, gli ho detto che lui è un calciatore che mi piace. Ma gli ho anche detto che non ho più rivisto lo Stankovic dei tempi della Lazio».
Signor Mourinho, lei oggi ci ha detto tutta la verità?
«A volte una bugia vende più che una verità. So che dovrò lavorare anche con voi giornalisti, ma il mio gruppo sarà sempre più importante di qualunque altra cosa».
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