Roma«Mancano 21 miliardi, altro che storie. Renzi è pagato per il lavoro che fa, non per quello che dice. Parlasse meno e facesse di più». Il presidente di Confartigianato e di Rete Imprese Italia, Giorgio Merletti, non ci sta a far passare la tesi renziana secondo cui i soldi non arrivano perché gli imprenditori non compilano i moduli informatici. E chiede al governo di produrre fatti e risparmiare sulle parole.
Presidente Merletti, allora la «scommessa» di Matteo Renzi sul pagamento dei debiti alle imprese entro il giorno di San Matteo è stata rispettata oppure no?
«Il traguardo del pagamento di tutti i debiti alle imprese è ben distante dall'essere raggiunto. All'appello mancano 21,4 miliardi di euro che gli imprenditori aspettano di riscuotere. Allo scorso 21 luglio erano stati pagati alle aziende 26.139 milioni, pari al 55% dei 47.519 milioni di euro stanziati con lo Sblocca debiti e con la legge di Stabilità 2014».
Per la Cgia di Mestre sono addirittura di più.
«Noi con il nostro ufficio studi ci basiamo solo su dati ufficiali».
Renzi sostiene che le imprese non hanno ricevuto i soldi perché non hanno compilato i moduli sul sito del governo.
«Io dico che in un momento difficile come questo, così difficile e doloroso per chi fa impresa ci vuole misura e ragionevolezza. E poi, ragazzo mio, ma se ti esponi così poi devi mettere in conto che qualcuno venga a verificare le date. Comunque qualcosa è stato fatto, ma ancora c'è tanto da fare».
Ma esiste davvero questo problema di auto-certificazione?
«Il meccanismo è farraginoso e molti ritengono che i soldi debbano arrivare comunque e con i nuovi moduli si rischi di allungare i tempi. A presentare le istanze sono state in prevalenza le piccole imprese. Come Confartigianato abbiamo fatto un grande lavoro. Ora, però, i debiti bisogna pagarli. Se perdessimo anche questa occasione gli imprenditori non saprebbero davvero più a che santo votarsi per vedersi riconosciuto il diritto ad essere pagati dalla Pa».
Cosa avevate chiesto al governo per facilitare i pagamenti?
«La procedura attuale non è semplice, ci sono passaggi bancari che difficilmente saranno a costo zero. E poi c'è diffidenza e rassegnazione verso lo Stato. Gli imprenditori non si fidano. Da parte nostra, continuiamo a essere convinti che la strada più dritta e semplice sia la compensazione secca, diretta e universale tra i debiti della Pa verso le imprese e i debiti fiscali e contributivi delle imprese verso lo Stato. Senza dimenticare che ai debiti arretrati degli scorsi anni si stanno sommando quelli causati dal mancato rispetto della legge in vigore dal primo gennaio 2013 che fissa a 30 giorni il termine per i pagamenti nelle transazioni commerciali».
L'Italia ha applicato correttamente la direttiva Ue sui pagamenti alle imprese?
«Quella direttiva è un tomo di educazione civica, è scritta in maniera chiara, prevede tempi precisi, sanzioni, penali. In Italia naturalmente non viene applicata visto che i tempi di attesa, pur diminuiti rispetto al passato, sono sempre sugli 88 giorni, in media. Il governo è in aperta violazione della direttiva. Pensi che in Germania la contestavano perché ritenevano che 30 giorni di attesa per i pagamenti fossero troppi... E non dimentichiamo che la direttiva contempla anche il capitolo dei pagamenti tra privati, non solo quelli dello Stato».
Quale consiglio darebbe a Renzi?
«Ha iniziato quarantamila cose, bisogna darsi delle priorità e stringere».
Sull'abolizione dell'articolo 18 il premier promette determinazione.
«A me dell'articolo 18 non frega niente. Qui bisogna far ripartire il mercato interno. Meno si parla, meglio è».
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