Sul processo di Napoli a Moggi e alla cupola che avvelenò il calcio italiano, ci sono ormai due schieramenti contrapposti. C'è chi si ostina a contrabbandare per deposizioni favorevoli alla difesa, talune tesatimonianze o telefonate trascritte e depositate che nulla aggiungono, di sostanzioso, alla vicenda e c'è anche chi esercita il mestiere opposto, definendo sempre più complicata la posizione dei diversi imputati.
Se volessimo lavarcene le mani, potremmo dire a questo punto che la verità processuale sta nel mezzo e che quindi non sono autentiche nè le prime posizioni nè le seconde. Per rispetto dei lettori del web invece va detto che ogni episodio dev'essere passato alla lente da parte di chi è a conoscenza dell'intero fascicolo. Per esempio la famosa telefonata Bergamo-Facchetti. Chi chiese "metti Collina"? Per l'avvocato di Moggi e l'informazione vicina all'ex dg bianconero fu il presidente dell'Inter dell'epoca, purtroppo deceduto nel settembre del 2006. Per molti di noi, dopo accurate selezioni, fu invece Bergamo.
«É la madre di tutte le intercettazioni» la definizione data dal clan Moggi. Bene: il perito terzo, del tribunale, ha sanzionato che fu Bergamo a fare il nome di Collina dando sulla voce a Facchetti. Resta la gravità, per la parte interista di responsabilità, della conversazione (ma forse quella più comrpomettente è la telefonata del "4-4-4" con Bergamo), ma onore alla verità.
Stesso valore è stato dato a una conversazione tra Pairetto e Collina relativa a un Inter-Juve arbitrata da Rodomonti, finita 2 a 2 e nel corso della quale si discute del rigore su Zalayeta. Pairetto chiede a Collina: «Secondo te era da rosso o da giallo?». Risposta del fischietto: «Rosso tutta la vita». Cosa significa quella telefonata? Che Pairetto riconosceva a Collina l'ultima parola in tema di regole e sue applicazioni, che lo stesso Collina ammetteva che Rodomonti aveva diretto in modo politico quella sfida e nient'altro.
Così per calciatori e arbitri in attività. Nesta non ricordava granchè davanti al giudice.
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