Ma ritorno al simpatico Raimondo di Lione. Oggi a Guingamp la Francia affronta la nazionale, si fa per dire, delle isole Far Oer. Si prevede incasso record anche perché la città dispone di novemila abitanti tutti radunati nello stadio che porta un nome da gallo influenzato «du Roudourou». Oltre all’incasso record si prevedono fischi, evento che si ripeterà mercoledì prossimo a Parigi quando si chiuderà il girone contro la Romania. La Francia andrà allo spareggio per la qualificazione ai mondiali, a meno che la Serbia non perda due partite su due ma questo non sta scritto in nessun oroscopo. Che c’entra l’oroscopo? Vado per ordine. È dura la vita del selezionatore sotto i cieli bigi. Non appena lo speaker prova ad annunciare, dopo gli undici titolari, «entraineur: RAYMOND DOMENECH», partono i fischi degli ottantamila dello stadio di Francia e del resto del popolo presente davanti ai televisori.
Non ne possono più, sta sulle balle anche a chi si occupa di lumache e cetrioli. Il caso non è soltanto nazionale, supera i confini, oltrepassa le Alpi, atterra in Italia, territorio che Domenech non ama, non ha mai amato, per fortuna nostra visti i risultati suoi. È un esempio, da repertorio, dell’antitaliano tipico, il Carla Bruni del calcio, uno che sbuffa quando sente parlare la nostra lingua o vede passargli davanti, con una certa perfidia, i calciatori azzurri. Ne ha visti tanti, tante ne ha prese. «Il calcio italiano? È vecchio, avaro, contro lo spettacolo».
Gli capitò, in una semifinale europea con la Under 21, la nazionale allenata da Cesare Maldini. Attaccò i giocatori «vigliacchi» e insultò il ct che, in triestino, lo mandò in mona, rifacendo il verso di Nereo Rocco. Il paròn, appena arrivato in Francia per una partita del suo Milan, venne accolto da un vecchio dirigente che, abbracciandolo, con affetto disse: «Nereo, mon-ami!». E Rocco: «Mona a mì? Va tì in mona». Domenech comunque prese su e portò a casa, l’Italia concesse il bis con Tardelli, stessa baruffa, stesso risultato.
Del mondiale tedesco sappiamo e ricordiamo tutto, la testata di Zidane a Materazzi e monsieur Domenech che mima il movimento di una cinepresa a dire che il difensore azzurro stava recitando. Lui, Raymond, si intende dell’argomento, ha fatto l’attore vero, ha interpretato Cechov (l’Ours), anche Ionesco (con l’accento sulla o, in La Leçon), fa l’amore con una giornalista sportiva della tivvù alla quale ha chiesto la mano in diretta, proprio dopo averle buscate dall’Italia all’europeo: «Mia cara Estelle, vuoi essere mia moglie?», così tanto per distrarre il pubblico dall’esito dell’incontro. Cosa che Mourinho, il Domenech d’Italia, potrebbe fare con la D’Amico, se il portoghese non avesse già una consorte. Ma noi siamo gente seria.
L’ex bagarino (in galera a Boston per aver venduto due biglietti di Corea del Sud-Bolivia, tagliandi della federcalcio francese che lo aveva spedito negli Usa come osservatore), l’ex difensore baffuto dello Strasburgo («picchiava come un fabbro» dicono gli avversari), sa che tra un paio di mesi dovrà decidere: affidarsi alle stelle, lui che le consulta sempre e comunque, tra Plutone e Scorpione, oppure affidarsi a Estelle e, approfittando della disoccupazione, partire per il viaggio di nozze. In Italia, ça va sans dire.
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