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Lippi, cittì conservatore e canterino

Con tutto l’impegno che ci posso mettere non riesco ad assegnare il Bamba a Lippi, anche se questa volta se lo meriterebbe in pieno. Gliene do soltanto mezzo. Il resto glielo risparmio perché, come tutti gli sportivi, ho un debito di riconoscenza verso di lui che, vincendo i mondiali nel 2006, ci ha regalato una immensa gioia.
Ciò detto, passiamo ad elencare i motivi che inducono a criticarlo (con bonomia). Anzitutto, ricordiamo che, dopo il trionfo, quattro anni fa, disse: basta, non allenerò mai più la Nazionale. Farò qualcosa d’altro. Intendiamoci, cambiare idea è lecito dato che la coerenza è la virtù degli imbecilli. Ma quando gli azzurri erano comandati da Donadoni, malamente sconfitto agli europei del 2008, si ebbe la sensazione che Lippi fosse appollaiato su un albero come un avvoltoio, pronto a tuffarsi sul morituro. E in effetti si tuffò sulla panchina ancora tiepida delle chiappe del povero Roberto.
Transeat. A onor del vero, il Nostro è stato capace con una squadra di reduci imbolsiti e acciaccati di qualificarsi per il Sudafrica, e pure di questo bisogna essergli grati. Però non sembra che il suo conservatorismo sia di buon auspicio. La storia insegna che un gruppo di uomini sazi di gloria e di denaro, e abbastanza intromboniti, raramente ha la forza necessaria per bissare una impresa importante quale la conquista del mondiale.
Probabilmente il cittì avrebbe dovuto fare qualche innesto di giovinezza nel gruppo, e se non lo ha fatto è facile sospettare avesse paura di perdere il controllo dei «nonni», notoriamente prepotenti benché scoppiati. Domanda: è sicuro Lippi che l’affiatamento conti più del fiato?
Ma queste sono soltanto opinioni e possono essere sbagliate. D’altronde non ci vuole molto per capire che quelle del cittì sono più qualificate delle nostre. Che esprimiamo solo per passione calcistica. Non siamo saputelli. Ciò che invece ci autorizza ad alzare la cresta e dare una beccata al Grande Tecnico riguarda la sua goffa partecipazione al Festival di Sanremo: tu quoque, Lippi...
Questa non la dovevi fare. Oltretutto per andare lì a concionare come un Bersani qualunque; una banalità dietro l’altra, quasi non bastassero quelle che hanno ammorbato la settimana televisiva italiana.


Caro allenatore Trallallero Trallallà, ma vada a cantare.

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