Lippi: «Sapevo che avrebbe segnato Alex»

«Nell’immaginario collettivo questa è la partita delle partite: immagino l’euforia che ci sarà in Italia»

Marcello Di Dio

nostro inviato

a Dortmund

«Vi racconto una cosa. Quando è entrato Del Piero mi sono girato verso la panchina e ho detto: «segna il gol della vittoria. Mi sono sbagliato, ha segnato il secondo».
Parte dalla fine Marcello Lippi per raccontare la sua Italia che vola in finale. Parte da Alex Del Piero, l’uomo della zampata finale: «Lo vedevo carico, guardava i compagni riscaldarsi come avesse dovuto giocare anche lui fin dall’inizio. Sono indizi che so cogliere». E lui, il ct, ha saputo rischiare con i cambi. Fuori Perrotta, un centrocampista, dentro Pinturicchio, e azzurri con due punte più Del Piero e Totti. «In partite di questo genere decidono gli uomini di qualità, il colpo di un giocatore importante. In quel momento la partita era spezzata. Ho pensato: Buffon e la difesa sono una garanzia, giochiamoci la qualità in attacco. E poi gli innesti sarebbero serviti anche nel caso fossimo arrivati ai rigori».
La roulette dagli undici metri non è però stata necessaria. Ed è un bel sollievo vista la performance dei tedeschi contro l’Argentina nei quarti. «Siamo stati bravi a crederci fino in fondo, anche nei supplementari, anche dopo il palo e la traversa. Del resto, non vincere sarebbe stato ingiusto. E lo sarebbe stato anche decidere questa partita ai rigori dopo aver comandato le operazioni per tutta la gara, di fronte a un’avversaria così motivata e davanti a 60 mila tifosi invasati. Vincere in casa loro è una soddisfazione per tutti i nostri connazionali, quelli che sono qui e quelli che stanno festeggiando nelle piazze italiane».
Perché Marcello Lippi non ha dubbi: «Se c’era qualcuno che meritava la finale eravamo noi, questo gruppo di ragazzi fantastici, di grande personalità, sicurezza e cuore». Una gara vinta in mezzo al campo, secondo il tecnico azzurro: «Puntavamo sul possesso palla costante e sulla superiorità numerica a centrocampo. Anche perché loro hanno sacrificato un uomo per marcare Totti. Ce l’aspettavamo. Stamattina (ieri, ndr) ho parlato con i ragazzi, ma non vi dirò mai cosa ci siamo detti. Cose nostre. E la partita è andata come l’avevamo preparata. Certo, il risultato...». L’epilogo di questa semifinale riporta alla memoria sfide epiche, ricordi scolpiti nell’immaginario collettivo. «Italia-Germania è la partita delle partite, e anche quella di oggi non è stata da meno. Devo dire che se non è come Messico ’70 poco ci manca».
Incassa i complimenti del presidente del Consiglio Prodi e del ministro Melandri, rivela che prima del fischio d’inizio era arrivata una telefonata d’auguri dal Presidente della Repubblica Napolitano. Gli raccontano di quello che, in quegli istanti, sta accadendo in Italia: caroselli, tifosi impazziti per le strade. Un motivo d’orgoglio per tutta la carovana azzurra: «Siamo felici della nostra avventura. Ci fa piacere suscitare tutto questo entusiamo».
Gioia, soddisfazione, perché l’Italia centra una finale mondiale dopo dodici anni, e lo fa buttando fuori i padroni di casa, impresa che nelle ultime edizioni non era riuscita, anzi, aveva segnato la fine dell’avventura azzurra. Nessuna euforia, però. Lippi predica calma e sposta lo sguardo in avanti, a domenica. «Ci manca un tassello, l’ultimo. Dobbiamo completare questo splendido cammino. E non mi chiedete chi preferisco tra Francia e Portogallo. Sarebbe stupido. Nessuna preferenza, affronteremo chi saprà guadagnarsi la finale». Ci provano a fargli balenare in mente cupi pensieri. Il maxi-processo al calcio è un fardello che poteva condizionare la marcia della sua truppa. Finora non è stato così, e Lippi, ancora una volta, si mette di traverso e chiude la porta: «Non so e non voglio sapere. Dico solo che oggi il è un momento fantastico per il calcio italiano, quello giocato.

Il resto non c’interessa».
Gli chiedono poi se questa vittoria lo farà recedere dalla sua decisione di lasciare la panchina azzurra: «Ora lasciatemi godere questo momento. Abbiamo sofferto e questo ci ha fatto godere ancora di più».

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