Milano dice addio al teatro Lirico Giorgio Gaber, o meglio al progetto di restyling vincitore del bando di concorso nel lontano 2004. LAti, la cordata di imprenditori guidata da Gianmario Longoni, patron delle Officine Smeraldo, aveva promesso ai milanesi un teatro polifunzionale con biblioteca, libreria, sale per conferenze aperte dal mattino a notte fonda e un ristorante ricavato in una cupola di cristallo sul tetto.
La misura è colma, la pazienza esaurita: Palazzo Marino ha deciso di abbandonare lidea di restituire alla città il teatro progettato dal Piermarini nel 1776 come sala alternativa alla Scala, chiuso dal 1998. Sotto le impalcature che da due anni ormai avvolgono il Lirico nulla si muove. Anzi, nulla si è mosso: da quando è stato aperto il cantiere i lavori non sono mai partiti. Il teatro dove Mussolini tenne il suo ultimo discorso è stato solo sventrato: è stata eliminata la platea e smontato il palcoscenico e poco altro, ma i lavori per la realizzazione del faraonico progetto dellarchitetto Luciano Colombo non hanno mia visto la luce. Non solo, non è stato nemmeno rinnovato il pagamento di occupazione di suolo pubblico scaduto il 31 dicembre scorso. A complicare la situazione i rapporti non proprio idilliaci tra limpresa edile e la direzione lavori.
Il cantiere giace in stato di completo abbandono da mesi, con il rischio che in caso di incendio o di un temporale particolarmente violento, venga distrutto completamente. E se lintenzione di Palazzo Marino, che appunto 6 anni fa aveva bandito la gara per riaprire in una manciata di anni la sala che nel 1943 ospitò la stagione della Scala distrutta dallincendio, ora si ritrova punto a capo, con il teatro in parte smantellato. Un bello smacco per lamministrazione Moratti, che dopo la riapertura del teatro Puccini e del Pierlombardo, sperava di poter tagliare un altro nastro entro la fine del mandato. Ora quindi lintenzione del Comune è di azzerare tutto e di rescindere il contratto con lAti. Laut aut lanciato dallassessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory lo scorso novembre, che aveva dato unultima chance a Longoni - o i lavori partono seriamente e entro due anni si conclude la ristrutturazione o il Comune straccia la concessione - è rimasto inascoltato, nonostante la concessione scadesse il 31 dicembre scorso. Ora il Comune è passato ai fatti e ha avviato le pratiche per la revoca della concessione.
Alla base dei ritardo di oltre due anni i problemi finanziari che hanno travolto lAti, che si era impegnata nel 2004 a rinnovare il teatro con un mastodontico progetto da 17 milioni di euro, in cambio della gestione della sala per 30 anni. Dopo il ritiro dalla scena di Alberto Rigotti, uno dei principali finanziatori - convinto, secondo le voci dei maligni, dallallora assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi dellinopportunità del progetto, che snaturava il disegno originario di Cassi Ramelli - sembra che i suoi compagni davventura abbiano incontrato molte difficoltà a trovare imprenditori pronti a prendere il suo posto.
Difficile prevedere un happy end per questa tormentata vicenda su cui il Comune ha deciso di abbassare il sipario.
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