Secondo i creativi di una certa televisione, sarebbe una bella favola. Toccherà raccontarla più o meno così. C’era una volta un principe senza regno. Gli mancava il regno, ma quanto a nomi non poteva lamentarsi: si chiamava Emanuele Umberto Reza Ciro René Maria Filiberto di Savoia. Per fare prima, tutti quanti lo chiamavano Emanuele Filiberto. Questo erede al trono senza trono era nato a Ginevra nel 1972, in esilio. A corte era noto come principe di Venezia e principe di Piemonte, benché né a Venezia, né in Piemonte, nessuno lo sapesse. Fin da piccolo, spinto da quella grandissima testa incoronata del padre, il principe sognava di riprendersi prima o poi il suo regno, un bellissimo territorio al di qua delle Alpi, che si estendeva in lungo fin dentro il cuore del mare Mediterraneo. Era un sogno ambizioso, ma anche molto difficile. Nel suo regno, non lo volevano. Avevano pure cacciato i suoi genitori, tanti anni prima. Il principe capì sin da giovane che bisognava armarsi di molta calma e di molta astuzia: buttato fuori dalla porta, si trattava di rientrare dalla finestra.
Un bel giorno, il principe cominciò ad affacciarsi da questa finestra, con vista sul suo regno. Era l’anno 1995: i sudditi potevano ammirarlo solo di domenica, in collegamento dall’esilio, nell’apposita udienza organizzata da Fabio Fazio nel circolo chiamato Quelli che il calcio. Era un primo passo: il principe cominciava a mettere timidamente il primo piede sul suolo patrio, in vista del trionfale ritorno. Il fausto giorno arrivò tempo dopo, nell’anno 2002. I suoi sudditi, con un atto di pietà umana, pensarono che fosse ora di chiudere la stagione dei risentimenti e dei rancori, consentendo agli eredi maschi della dinastia di rientrare nel regno. Fu un clamoroso equivoco. Anziché considerarlo per quello che era, un atto di pietà umana, il principe e la sua famiglia lo interpretarono come l’inizio di una vera riscossa. Pensarono addirittura di dover essere risarciti per i soprusi patiti in tanti anni di esilio. Facendo due conti regali, chiesero 260 milioni di euro. Il popolo, attraverso i propri rappresentanti, fece sapere che non solo pensava di non dover nulla, ma anzi caso mai di considerarsi in credito per tutte le bischerate combinate dalla pregiata stirpe. Il principe ritenne di poter soprassedere. Nel frattempo, come ogni principe di qualunque favola, anch’egli incontrò l’amore.
Nell’anno 2003 coronò senza corona il sogno di Clotilde Courau, conducendola all’altare nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri (ci fosse un nome corto, in questa favola). Nel giro di pochissimo tempo, la principessa scodellò due principessine: Vittoria Cristina Adelaide Chiara Maria di Savoia, e Luisa Giovanna Agata Gavina Bianca Maria di Savoia. Quando il principe si affacciava alla finestra per convocarle a tavola, chiamandole per nome, loro si presentavano il giorno dopo. Le mire del principe, però, non cessavano. Per riavere il suo trono, pensò astutamente di ricorrere a uno stratagemma: fondò una specie di partito, che voleva chiamare Anacleto Amilcare Asdrubale Dagoberto Valori e Futuro, ma che per fare un po’ prima si limitò a chiamare Valori e Futuro, sperando nell’adesione entusiastica del suo popolo oppresso. Dopo molte lotte intestine e intrighi di corte, che portarono anche in carcere per trame mafiose il fedele consigliere Mariano Turrisi, finalmente il principe si presentò al cospetto del popolo nelle elezioni dell’anno 2008. Quel giorno la storia gli consegnò il verdetto supremo, che da anni aspettava: con lo 0,4 per cento dei suffragi, peggior risultato nella circoscrizione estera «Europa», il principe scoprì di guidare il peggior partito in assoluto del regno.
Da quella volta, il principe senza trono cominciò a porsi delle domande. Alla fine, si diede anche una risposta. Decise che forse, anziché puntare al trono del suo regno, gli sarebbe bastato un semplice trono televisivo. Purtroppo, in quello stesso periodo, di tronisti ce n’erano già una mezza moltitudine, tutti ugualmente inutili. Così, il principe si rassegnò e ridimensionò i suoi sogni.
Da lì in avanti, giurò, si sarebbe accontentato di qualche notte da favola, Ballando con le stelle, accanto a belle dame d’un tempo come Corinne Cléry e Carole Alt, accanto a spadaccine d’oro come Valentina Vezzali, accanto ai re delle fiction (i nomi per piacere non me li fate ricordare), e accanto a Stefano Bettarini, re della vita notturna... E vissero tutti felici e contenti. Morale della favola: per noi repubblicani, meglio un giorno da rospo che una vita da principe.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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