Liskova: "Sono stonata, che fatica cantare"

L’attrice slovacca, protagonista della seconda serie di Tutti pazzi per amore: "La mia voce traballa, per intonare i brani della fiction mi esercito ogni sera. Ma almeno non ho problemi con la danza"

Liskova: "Sono stonata, che fatica cantare"

Roma - Quando arrivò in Italia era solo un’immigrata come tante altre. «Era il ’94, venivo dalla Slovacchia. Avevo 19 anni, non parlavo una parola d’italiano e in tasca non avevo neppure un soldo. Così ho fatto di tutto: la cameriera, la baby-sitter, la traduttrice». Sedici anni dopo Antonia Liskova è l’attrice protagonista di una delle fiction di maggior successo della nostra tv. Chi l’avrebbe mai detto? «Io no di certo - sorride l’interprete di Tutti pazzi per amore 2 -: quando la settimana scorsa sono andata ospite da Luca Barbareschi a La 7, lui ci ha scherzato su, ma non troppo». Le aveva chiesto: «Possibile che voi attrici straniere dobbiate venire tutte qui a rubare il lavoro alle italiane?». E lei aveva risposto: «Ma io non pensavo di diventare attrice. Il mio era solo un sogno, volevo un lavoro dignitoso».
Beh, sedici anni dopo può dire d’averlo realizzato, il suo sogno.
«Direi proprio di sì. Cominciò tutto con Incantesimo, che mi ha lanciato. E oggi il ruolo nella seconda serie della fiction-rivelazione della stagione scorsa al posto di un’attrice nota come Stefania Rocca. Se al mio inserimento in un cast già collaudato aggiungete la trovata-shock della morte del personaggio interpretato da Neri Marcorè, va da sé che il nuovo successo di Tutti pazzi per amore non era affatto cosa scontata».

Quali sono allora i motivi, secondo lei?
«Innanzitutto la sceneggiatura, che riporta fatti e vicende reali attraverso dialoghi spontanei, molto vicini al linguaggio parlato. Quindi il cast: in questa serie anche i ruoli minori sono affidati ad attori notevoli.

E poi?
«I sogni e i pensieri dei personaggi sono resi con l’uso ironico di canzoni famose, un po’ come si fa nei musical. Insomma: lo spettatore si ritrova nei personaggi, che parlano come lui e vivono le sue stesse esperienze. Ma al tempo stesso si diverte a vedere come quei personaggi “reali” cambiano se si lasciano andare un po’ alla stravaganza. Chi non sogna di prendere la normalità con un pizzico di follia? Chi, in un momento di felicità estrema, non sogna di cantarla al mondo intero arrampicandosi sui tetti delle auto, come facciamo noi?».

Lei aveva già avuto esperienze di canto e danza?
«Io sono ballerina diplomata all’Accademia ma il canto era per me un’incognita: le mie note traballano, non sono sempre intonatissima. Eppure, a detta di tutti, sono riuscita a cantare Gloria in maniera più che soddisfacente. E quando mi sono arrampicata su un balcone per intonare Ramazzotti... beh: ho vinto una sfida con me stessa. Accettando il ruolo sapevo di dover abbattere tutte le barriere della mia timidezza. Non prevedevo invece che mi sarebbe costato così tanta fatica».

A parte questo, altri problemi?
«Negli ultimi dieci anni in Italia la professionalità è cresciuta: oggi molti attori italiani sanno anche cantare e ballare, oltreché recitare. Noi ogni sera, a fine riprese, facendo ore di palestra e sala canto per essere in grado di registrare i numeri musicali del giorno dopo. È stato un tour de force».

E per la sostituzione della Rocca, che difficoltà ha avuto?
«La sceneggiatura era stata scritta per Stefania, mi sono dovuta adattare ma ho deciso subito che non l’avrei imitata. Per fortuna il personaggio, dalla prima serie, cambiava un po’: la sua vita tranquilla di madre di famiglia veniva turbata dall’imprevisto successo del suo libro; e così doveva tirar fuori un carattere più determinato, più affine al mio stesso modo d’essere, insomma. Spero che il pubblico si affezioni a me come s’era affezionato a lei, sarebbe una vittoria completa».

Sembra sulla buona strada. Oltretutto chi non conosce il suo cognome la direbbe un’attrice italiana.
«È il complimento che ricevo più spesso. Ma non so come ci sono riuscita: quando arrivai qui conoscevo solo lo slovacco e un po’ d’inglese...».

Insomma, un’esperienza felice per l’immigrata del ’94?
«Felicissima.

Quando arrivai in Italia decisi di adattarmi alle regole, di integrarmi con il suo popolo rispettandone le tradizioni. Non sono venuta per fare la furba, come fanno in tanti. In Italia sognavo di trovare l’America. Posso dire di esserci riuscita».

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