Lista civica per Ferrante, Rifondazione dice no

Favorevoli invece Ds e Margherita. E anche Penati: «In città c’è lo spazio per intercettare la voglia di cambiamento di chi non si riconosce nella sinistra»

Gianandrea Zagato

«Le liste civiche vengano coltivate rispettandone l’autonomia ma anche iscrivendole in un progetto di più ampio respiro». Istruzioni per l’uso firmate dalla Margherita che mette il cappello sul cartello civico che l’ex prefetto di Milano, Bruno Ferrante, ipotizza per conquistare Palazzo Marino. Ipotesi condivisa pure dai Ds, «non aprirsi all’esterno è pericoloso, non solo per la vittoria ma pure per governare».
Alleati per dar corpo e sostanza a una lista di netto sapore riformista e ampia rappresentanza liberale. Ingredienti indispensabili per ottenere il voto di chi continua a diffidare dal centrosinistra e pure perché è chiaro a tutti che «il metodo con cui abbiamo vinto la Provincia, il cosiddetto metodo Penati, per Milano è insufficiente» osservano dalla federazione milanese della Quercia. Ragionamenti dati elettorali alla mano, dove c’è la prova che «quel valore aggiunto» alle provinciali del 2004 non è più ripetibile. Come dire: sommando partiti, associazioni e amministratori non si vince la poltrona di sindaco ovvero meglio allargarsi o, come dice Ferrante, «attingere» ad altri mondi.
Ma la visione dell’ex rappresentante del Governo è seccamente respinta da Rifondazione, «se la lista è fatta con gente che una volta sta con Albertini e una volta sta con noi, non ci va bene», e dai Comunisti italiani, «gli ultimi risultati elettorali provano che i partiti sanno ben interpretare le istanze dei movimenti e, quindi, che una lista civica non è poi così indispensabile». Valutazioni non fresche per gli addetti ai lavori della cronaca politica ambrosiana: infatti, si tratta di virgolettati che le segreterie di Rifondazione e dei Comunisti già avevano lanciato nei mesi scorsi contro chi mostrava entusiasmi sospetti per le liste civiche. Adesso, però, quelle parole sono un ostacolo di troppo, insormontabile per Ferrante: rappresentano la scomunica che colpisce nel vivo il «compagno prefetto» e i suoi supporter, romani e milanesi. Censura per il candidato Ferrante che alle primarie parte azzoppato, anche se in sua difesa si spende Filippo Penati: «Sulla questione della lista civica mi sembra che ci sia a Milano lo spazio per intercettare quella voglia di cambiamento in larghi settori della società cittadina che pur non riconoscendosi nel centrosinistra esprimono forti critiche per l’attuale governo ambrosiano». Uscita, quella del presidente della Provincia, che non stupisce: l’ex sindaco dell’ex Stalingrado d’Italia aveva infatti vagheggiato l’ipotesi di un’aggregazione allargata all’esterno della coalizione dell’Unione qualora, lui, fosse stato candidato al Comune.
Sortita doppiamente interessata perché i nomi e cognomi che circolano «come graditi da Ferrante, sono gli stessi che Penati avrebbe voluto al suo fianco: i Carlo Fontana, i Marco Vitale, i Franco Morganti. Personaggi che non sono la società civile, chiosano dal web: «Siamo a Ceausescu, si appropriano di tutto.

Quando Romano Prodi viene presentato a Milano da una ventina di presunte associazioni politiche e culturali di cittadini, bisogna sapere che sono tutte - tranne due o tre - dirette emanazioni di questo o quel politico, ovvero di questa o quella corrente dei Ds o della Margherita. Ma le spacciano per roba di cittadini». A denunciarlo è Alberto Biraghi, ufficio stampa dei gruppi d’opposizione a Palazzo Marino.

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