«La Lista Prodi vale il 18%» Il Professore sfida gli alleati

«No agli egoismi, la leadership può cambiare»

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

«La lista Prodi è un’ipotesi». Romano Prodi rompe gli indugi: mette sul piatto la sua leadership e parla apertamente di presentare una lista personale alle elezioni politiche del prossimo anno. Una lista sganciata dagli altri partiti del centrosinistra e accreditata del 18% dei voti (primo partito dell’alleanza), secondo un sondaggio dell’Istituto Piepoli per il Sole-24Ore, reso noto ieri.
L’uscita del Professore è la minaccia di un terremoto nell’Unione. Subito mitigata da un richiamo unitario, in pieno stile prodiano: «Non ho mai avuto grande fiducia nei sondaggi, non gli do un peso eccessivo. Ma qualsiasi sia il mio peso, e non mi illudo che sia così forte come ho letto nel sondaggio, non lo metto al mio servizio, ma del centrosinistra e dell’Ulivo come punto di riferimento della politica italiana. Gli strumenti con cui questo avverrà dipenderanno dall’Ulivo e dall’Unione. C’è un disegno politico nella mia vita che non è un mio disegno personale».
La sfida di Prodi è a tutto campo e comprende anche l’ipotesi di mettere in discussione il suo ruolo di leader: «Io sono qui per realizzare il progetto dell’Ulivo. Di fronte a questa priorità, anche la mia candidatura a premier passa in secondo piano. Il progetto viene prima dei ruoli. I ruoli li decideremo con una scelta comune e condivisa. Vi garantisco che il mio sostegno va solo al progetto dell’Ulivo. Basta con gli egoismi». Una mossa che, secondo gli uomini più vicini al Professore, mira a vanificare «lo strumento del ricatto, perché così resta chiaro che quello che è importante è il progetto dell'Ulivo e non la candidatura di Romano». Insomma: avanti pure Veltroni, se s’impegna a portare avanti la bandiera dell’Ulivo (con lista e gruppo parlamentare unico). Prodi sarebbe disposto ad accontentarsi di un ministero di peso (Esteri o Economia).
Certo, il sondaggio di Piepoli stuzzica le velleità di Prodi («Una mia lista al 18%? A me andrebbe bene pure la metà»), soprattutto se combinato con l’altra rilevazione demoscopica che circola nell’entourage del Professore. Diverso istituto di ricerca, diverso campione, stesso risultato. Spiega Prodi: «Penso che occorra leggere i numeri come segno di una domanda forte e reale di Ulivo, come un invito ad andare avanti con quel progetto. Io sono al servizio di questa domanda. Voglio far avanzare il progetto dell’Ulivo per rendere più forte la nostra coalizione e garantire un governo all’altezza delle grandi emergenze e delle forti speranze del Paese. Questo è il mio obiettivo e io sono qui per realizzarlo».
La sfida è lanciata agli alleati, Margherita in primis, agitando il fantasma del 1999, quando al grido angloemiliano competission is competission Prodi fondò «I democratici» (allora Rutelli era con lui) e prese il 7,7% alle Europee. Annichilì il Ppi, ridimensionò i Ds e terremotò la coalizione. Stando al sondaggio di Piepoli, ora l’effetto sarebbe ancor più devastante (vedi grafico).

Solo Rifondazione comunista guadagnerebbe voti dall’operazione. Ma soprattutto, la coalizione aumenterebbe i consensi complessivi del 2%. E quindi nessuno potrebbe rinfacciare al Professore di aver compiuto un danno all’Unione.
giuseppe.salvaggiulo@ilgiornale.it

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