Liste d'attesa, i neurochirurghi del Besta in trasferta per abbatterle

Per tre giorni alla settimana i medici opereranno nelle sale del fatebenefratelli di Erba per risparmiare tempo

I neurochirurghi dell'Istituto neurologico Besta di Milano andranno in trasferta a Erba, in provincia di Como, per tre giorni a settimana. È la strategia studiata dall'Irccs di via Celoria per abbattere le liste d'attesa per alcune patologie che, essendo meno urgenti, vengono fatte slittare per lasciare le sale operatorie ai casi più urgenti e complicati, in crescita costante negli ultimi anni. L'Istituto è infatti diventato il punto di riferimento per pazienti gravi con malattie estremamente complesse che spesso vengono rifiutati da altri ospedali e, di conseguenza, le sale sono intasate da questi interventi maggiori, praticamente raddoppiati.
«Se un tempo trattavamo circa 1.500 pazienti con patologie gravi come tumori appoggiati alla base del cranio, patologie del cervelletto, aneurismi, angiomi, oggi siamo arrivati a circa 3 mila» stima Carlo Lazzaro Solero, direttore del Dipartimento di neurochirurgia.
Gli altri pazienti, circa 500, per i quali l'intervento è programmabile restano in attesa anche per mesi o finiscono per rivolgersi ad altri ospedali. Con l'obiettivo di smaltire queste operazioni, il Besta ha siglato quindi un accordo con l'ospedale Fatebenfratelli di Erba che presterà all'Istituto sale operatorie e posti letto. I neurochirughi della Fondazione faranno la spola con Erba a turno. L'obiettivo è trattare in trasferta circa 400 casi l'anno, da 6 a 10 alla settimana.


«Da maggio 2009 a maggio 2010 - spiega Carlo Borsani, presidente della Fondazione Carlo Besta - oltre 500 pazienti affetti da malattie degenerative spinali, per il 40% provenienti da altre regioni, si sono rivolti a noi per essere sottoposti a un intervento chirurgico, a cui non abbiamo potuto dare immediata risposta, a causa dei nostri vincoli strutturali che si sommano alla scelta strategica di privilegiare gli interventi chirurgici per malattie che comportano rischi di vita per il paziente».

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