Sotto la dominazione germanica l'Italia celebra oggi la sua indipendenza. Fui io a proporre la festa del 17 marzo, lasciate che proponga il suo necrologio. Non è che l'Italia sia morta con i tecnici al governo. L'Italia muore da una vita, sono secoli che se ne proclama la morte e talvolta la resurrezione.
La morte della patria di Satta, poi di De Felice e Galli della Loggia, fu preceduta dall'Italia finisce di Prezzolini; di morte dell'Italia ne sento parlare dacché son vivo. La morte dell'Italia è coetanea alla sua nascita, anzi la precede. Qui regna luttuosa allegria. La vogliono morta in troppi, quelli che si sentono cittadini globali e basta, quelli che non fanno differenza tra compatrioti e stranieri, quelli che provengono dall'Internazionale - i proletari che non hanno patria - quelli che si sentono figli delle padanie fiabesche, quelli che la sacrificano al dio Kazzimiei, quelli che subordinano l'Italia ai conti, il popolo allo spread, la città alla tecnica, l'italiano all'inglese, al tedesco e all'erba del vicino. Bello il poema di Aurelio Picca L'Italia è morta. Io sono l'Italia; non so se si senta erede o morto pure lui. «L'Italia è una gigantesca tomba, quella dei padri traditi e dimenticati».
Bello il suo pianto per i morti d'Italia, fascisti inclusi, e per l'Italia che muore come una madre.
Bello il saggio annesso di Luca Doninelli sull'Italia terra vestita a lutto, invasa e condannata dalla bellezza, pervasa dal pre-sentimento della fragilità. Bisogna partire dalla sua morte per volerla in vita. Dannata patria.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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