Milano La riforma del lavoro avviata dal governo Renzi «va nella direzione giusta e, per la prima volta, si vede un disegno strutturato, ma tutto dipende da come questi principi saranno declinati nel concreto. Troppe volte siamo stati delusi». Stefano Colli-Lanzi, amministratore delegato di Gi Group e storico assertore della necessità di una maggiore flessibilità, non fa sconti all'esecutivo. Nelle sue mani c'è la ricerca che la prima agenzia per il lavoro italiana ha commissionato a OD&M e il risultato è inequivocabile: le aziende della Penisola chiedono di rimuovere l'articolo 18 (42,5% del campione) dai nuovi contratti a tempo indeterminato a tutela crescenti, auspicano una drastica riduzione delle forme contrattuali (87,4%) e che i soldi dei contribuenti siano destinati non più prevalentemente agli ammortizzatori sociali passivi ma a formazione e ricollocamento (86%). «Introdurre contratti a tempo indeterminato più flessibili aiuterà a contrastare tutte le forme ibride in entrata oggi utilizzate spesso in modo improprio», prosegue Colli Lanzi. Lo stesso dl Poletti non ha modificato in profondità le politiche di assunzione.
L'Italia è in stagnazione, come può crescere l'occupazione?
«Il volano della ripresa non è nei consumi ma nel lavoro: se non ripartono le imprese non può aumentare l'occupazione. È poi necessario riformare la giustizia, il fisco, le infrastrutture di trasporto e ridurre la burocrazia. Se le imprese sono immerse in un mercato dove tutto disincentiva ad assumere non si liberano energie positive».
L'articolo 18 si applica solo alle aziende oltre i 15 addetti, qual è il vantaggio reale a rimuoverlo?
«Le grandi imprese hanno un'importante capacita di assunzione e quelle piccole devono poter pianificare percorsi di fusione che le rendano competitive. Ritengo il superamento dell'articolo 18 un atto di equità sociale: esiste una barriera tra chi è dentro il mercato del lavoro, anche in modo non più meritato, e chi ne è fuori. I più penalizzati sono i giovani».
C'è il rischio che gli espulsi restino disocuppati a vita...
«Il sistema attuale non impedisce i licenziamenti, piuttosto disincentiva le assunzioni per la sua rigidità. Dobbiamo puntare sul ricollocamento, facendone pagare i costi a chi licenzia: il punto fondamentale non sono i mesi di buonuscita ma ottenere un percorso per tornare nel circuito produttivo. L'idea di allungare il periodo di prova a 3 anni è buona, ma va evitato lo scalone della successiva applicazione dell'articolo 18, perché le aziende privilegerebbero ancora i contratti a termine o adotterebbero misure preventive. Così come la flessibilità in entrata non può essere gestita con strumenti che confinano con il sommerso».
Anche la ricca Germania si sta interrogando su lavoro e sistema pensionistico...
«In Germania il costo di separazione cresce con l'aumento dell'anzianità aziendale ed esiste un supporto per trovare un impiego anche a persone di età avanzata. L'Italia ha bisogno di mettere in moto le sue energie: l'attuale sistema basato su posti di lavoro inamovibili e cassa integrazione prolungata oltre la reale necessità produce passività, e questo non può che creare una decelerazione dell'economia. Basta pensare alla situazione del Pubblico impiego, dove questo approccio è radicale, per averne conferma».
Cosa farebbe per i ragazzi?
«Il progetto europeo Garanzia giovani ha un plafond da 1,5 miliardi per le politiche attive. Sarebbe dovuto partire a gennaio invece è ancora quasi tutto fermo, complice la parcellizzazione delle pratiche tra Stato e amministrazioni locali. È un'occasione che l'Italia non può perdere».
Quale ruolo possono giocare le agenzie del lavoro?
«Il decreto Poletti, liberalizza molto la somministrazione. Noi possiamo avere un ruolo centrale nella flessibilità, garantendo al meglio i lavoratori perché abbiamo tutto l'interesse a gestire ogni addetto in continuità, secondo una logica di flexsecurity, anche aiutandolo con la formazione.
L'altro grande ruolo è la ricollocazione, le agenzie sono già strutturate per prendere in carico le persone rimaste senza lavoro: oggi i nostri clienti sono le aziende, in futuro potremmo invece riferirci anche ai singoli, con l'inserimento di professionalità specializzate ad affiancare le persone per aiutarle a trovare nuove opportunità. Come già stiamo facendo in Lombardia, grazie all'ottimo programma regionale Dote Unica Lavoro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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