La Little Italy si mobilita contro l’esercito Usa

I pochi italiani di questa città della Baviera tengono testa ai tanti americani della base di Ramstein

nostro inviato a Kaiserslautern
Duecentocinquanta euro per un posto allo stadio: regalati al cuore più che alla Fifa. Ma la «little Italia» di Kaiserslautern non poteva mancare e si è fatta spennare. Ieri questa città di poco più di centomila abitanti annessa alla Baviera, che prese il nome dall’imperatore Federico Barbarossa, era tutto un pullulare di maglie azzurre e bandiere stelle striscie. La maglia azzurra, le scarpe con la scritta Italia, qualunque cosa fosse azzurra, è stata indossata come un segno di riconoscimento per un esercito nostro ingrossato dall’arrivo delle truppe di rinforzo. Ci voleva per tener testa alla marea americana. Tipica storia da Davide e Golia: una comunità di 2000 italiani circondata da un esercito di 50mila americani che galleggiano tra Kaiserslautern e Ramstein, quartier generale delle forze aeree e dell’esercito Usa. Eppure Kaiserslautern è territorio nostro: parli italiano e c’è sempre qualcuno che ti capisce. L’italietta ha messo piede e fatto affari. Dici Dolomiti e tutti intendono la gelateria più famosa della città. Dici Firenze e parli della pizzeria di più antica tradizione. Dici Danelluzzi e ti raccontano di quattro fratelli veneti arrivati 40 anni fa e che gestiscono due alberghi e due ristoranti. Qui si è dimostrato quel che i tedeschi sostengono da sempre: «Un italiano non morirà mai di fame».
Se il gruppo straniero più numeroso è rappresentato dalla comunità portoghese, la little Italy è cresciuta negli affari. Due fratelli arrivati una trentina di anni fa, con pochi soldi e qualche idea, si sono comprati tutte le case semidiroccate della zona, le hanno restituite a miglior vita, rese gradevoli, eppoi hanno cominciato a venderle o affittarle. Oggi uno se n’è tornato in Italia, ricco e sazio. L’altro ha messo in piedi un import-export di piastrelle. L’italiano ha il primato della gastronomia, importa vini anche se talvolta il Verduzzo finisce per diventare Prosecco: i tedeschi non conoscono il Verduzzo. Italiani arrivati da Vittorio Veneto o Belluno, da Napoli o dalla Sicilia. Il primo fu un siciliano: lavorava per una ditta che rifaceva l’asfalto delle strade. Quando la «Pfaff», la più antica fabbrica di macchine per cucire industriali, è andata in crisi affossata da un cinese, ecco spuntare l’italiano che l’ha fatta risorgere. Kaiserslautern è la città della Opel, l’università è famosa per la ricerca sull’intelligenza artificiale: hanno inventato cani robot che giocano al pallone, ora copiati anche in Giappone.
Appunto il pallone è un collante italo-tedesco. Quello di Kaiserslautern è l’unico stadio tedesco a cui la Fifa ha concesso di mantenere il nome originale: Fritz Walter, come il campione che vinse il mondiale 1954 con la Germania. Ieri sera il minuto di silenzio era in suo onore.

Kaiserslautern è stata patria di nomi famosi: Briegel e Brehme, Sforza, Klose e Ballack. Anzi, Klose è stato venduto per salvare la società finita in una vicenda di dissesto finanziario. Proprio come fosse una storia di casa nostra. Chiaro che ci capiamo.

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