Roma«Un talento, lo perdonano. Due, arricciano il naso. Tre, pare che faccio torto a qualcuno. Ma è colpa mia, se sono brava?», confida Luigina, inaugurando a Palazzo delle Esposizioni Gina Lollobrigida fotografa (fino al 13 settembre) limponente mostra degli scatti-Lollo, oltre 250 immagini, accumulate in 20 paesi e nellarco di 50 anni dalla «Bersagliera», splendida ottantaduenne di Subiaco, che a testa alta ci rappresenta nel mondo con libri, sculture e clic dautore.
Non più come attrice («ogni giorno leggo copioni, però non cè nulla di valido, comera nel cinema degli anni Cinquanta e Sessanta), ma in qualità di fotografa, che ha vinto il prestigioso Premio Nadar, per essere esposta da Mosca a Parigi, la Gina nazionale non lascia la ribalta. «Ho cominciato a scattare foto nei Cinquanta e, divertita, ricordo quando tiravo fuori la mia 35 millimetri da sotto la tunica della regina di Saba, sul set del film con Yul Brinner, anche lui appassionato di clic», racconta la diva, scortata dal nipote quindicenne Dimitri Skofic («prima non sapeva cosa fare, ma ora si darà al cinema: ha girato un corto tutto suo», gongola nonna Lollo). Magari non sarà Leni Riefenstahl, che dopo il cinema in camicia bruna si reinventò fotografa anche subacquea e senza interventi cosmetici sulla realtà, però linstancabile ambasciatrice Unicef e Fao ci ha dato dentro, nel Terzo Mondo soprattutto. «Fotografare gli altri, i poveri dellIndia di Indira Gandhi, per esempio, mi ha arricchito spiritualmente e moralmente. Osservare gli altri ti fa capire chi sei. LIndia è il Paese che più mi ha colpita: dormivo due ore a notte, per catturare, in strada, la dignità di quel popolo», spiega la Lollo, che presto procederà alla ristampa di Italia mia, volume fotografico, nato da una commessa di Life, la rivista Usa affidatasi a lei, icona pane, amore e fantasia, per carpire il genius loci del nostro Paese.
«Se facevo film per piacere al pubblico, Italia mia lho fatto per me, per la mia idea del Bel Paese, dice con voce ancora squillante, come quando rimproverava, in ciociaro, il maresciallo De Sica, lei a dorso di mulo, scalza, Bersagliera povera ma cuor contento. «Nel Terzo Mondo mi sono rivista negli occhi dei bambini: anche io non ho avuto uninfanzia. La guerra, la perdita della casa, la fame. Sono cose che ti segnano. Meglio parlare di cose belle, come litalianità. Che non cambia, come invece cambia la politica».
Incredibile a dirsi, alla Lollo gli sciacalli hanno rubato il negativo di un film inedito su Fidel Castro («ne ho ritrovato una copia su Internet, ora ci pensa il mio avvocato») e altro materiale interessante, di sua proprietà. «Fare foto, nellItalia dei Sessanta era complicato. Per garantirmi lanonimato, mettevo due ossi di prugna nelle guance, infilavo un jeans strapazzato e facevo la turista stravagante», rievoca la sua passionaccia. «Le mie foto, i miei libri sono positivi: larte è il bello. Si possono denunciare cose drammatiche, ma con affetto», dichiara «la romana», che disse no al miliardario Howard Hughes, quando capì che, a Hollywood, laspettava una gabbia dorata. «Ho il mio caratterino: senza peli sulla lingua. E sono allergica alle nuove tecnologie: non so spingere un bottone!», ride Gina, che girò in Francia, nel 1998, il suo ultimo film.
«Come c'è una sola Esmeralda, quella da me interpretata in Notre Dame de Paris, nel 1957, così cè una sola Fata Turchina: quella che fui per Luigi Comencini», avverte la poliedrica signora, rabbrividendo allidea di una Fata Turchina dai capelli rossi, come li avrà Violante Placido nella rivisitazione tv Pinocchio. «E guai a chi mi tocca Pane, amore e fantasia! Rivisitatori di ogni genere, giù le mani da tutto quello che sa di buono.
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