In Lombardia Per l’università la Lega vuole il test d’accesso anti meridionali

La Lega chiede una mini rivoluzione sui test d’ingresso all’università: «Siano più equi e non tengano più conto del voto di maturità». Già, perché a quanto pare gli studenti che arrivano dal Sud hanno voti stratosferici e medie invidiabili, quelli del Nord no. «E questo - spiega Massimiliano Orsatti, consigliere in Regione Lombardia - non significa che al Sud siano più secchioni che al Nord. Vuol dire solo che in certe regioni regalano i voti e in altre li fanno sudare». La proposta del Carroccio per mettere in atto una reale meritocrazia è valutare le aspiranti matricole solo in base a un test generale uguale per tutti, senza tener conto del loro curriculum scolastico. «Solo così ci sarà giustizia».
Ai leghisti, neanche a dirlo, non dispiacerebbe fissare il criterio della residenza, cioè dare la priorità ai lombardi per l’iscrizione negli atenei lombardi, ai piemontesi in quelli piemontesi e via dicendo. «Se un ragazzo vive già in Lombardia e si vuole iscrivere in un’università di Milano - sostiene il capogruppo regionale del Carroccio, Stefano Galli - dovrebbe essere favorito solo per quello». La proposta, che di fatto porta a una sorta di federalismo universitario, verrà discussa a breve nell’aula del Consiglio lombardo.
La linea leghista sarebbe di sicuro piaciuta ai neo laureati dell’università Cattolica di Milano che la scorsa settimana hanno protestato contro i rivali fuori-sede per l’ammissione a un corso di specializzazione in management d’impresa a numero chiuso: «Arrivano qui con voti di laurea altissimi e soffiano i posti a noi che frequentiamo questo ateneo già da tre anni. E così noi rischiamo di cambiare il nostro percorso di studi». In realtà, nel caso specifico, solo una cinquantina si studenti rischia di rimanere esclusa dal corso e nell’elenco ci sono sia studenti lombardi sia studenti di altre regioni.
Oltre al merito, il Carroccio sta lavorando anche a una proposta relativa al reddito. E propone borse di studio differenziate da regione a regione, in base al costo effettivo della vita. «Una borsa di studio da mille euro - sostiene Orsatti - non ha lo stesso valore al Sud e al Nord. Bisognerebbe anche tener conto dei diversi costi che i giovani si trovano ad affrontare».

Altra proposta in ambito scolastico è l’inserimento della cultura del territorio nei programmi delle superiori. In epoca di autonomia, il 20 per cento del programma scolastico può essere dedicato all’insegnamento della storia, della letteratura, della geografia, della lingua di una specifica regione.

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