«Lombardia pronta a ospitare una centrale nucleare»

MilanoUna centrale nucleare in Lombardia. L’idea non è nuova, torna periodicamente alla ribalta. Ma una cosa è progettare, altra passare all’azione. Il neo ministro allo Sviluppo economico, Paolo Romani, a Milano per un convegno, ha deciso di andare diritto al punto e di parlare del dove potrebbe sorgere uno dei quattro impianti di approvvigionamento energetico destinato a rendere più autonoma l’Italia: cioè proprio in Lombardia.
Una cauta disponibilità, sia pure senza fretta né entusiasmi, arriva dal presidente della Regione, Roberto Formigoni: «Affronteremo la questione con Romani, non ci sono pregiudiziali. Sono d’accordo con la scelta del governo italiano di sviluppare il nucleare, altro tema però è quello della localizzazione delle centrali». Frena anche il presidente del consiglio regionale, il leghista Davide Boni: «Bisogna ragionare un attimo».
L’arrivo del nucleare, come è noto, è ritenuta una boccata d’ossigeno dagli industriali, che vedrebbero ridursi di molto i costi della produzione. «L’energia costa troppo e questa è una palla al piede per troppe nostre aziende» sintetizza Formigoni. Assicura che la tecnologia nel settore è avanzata e che quindi è assolutamente in grado di far fronte a programmazione e gestione dei futuri reattori nucleari: «Nella nostra regione c’è certamente un distretto di industrie di altissimo livello e di importanza europea e mondiale capace di trattare i temi dell’energia ed in particolare quello nucleare. La Lombardia è al fianco di questo complesso di imprese perché sono destinate in primis ad occuparsi dello sviluppo dell’energia nucleare in Italia».
Il ministro dello Sviluppo economico è convinto di parlare dal luogo più adatto ad ospitare la centrale: «La Lombardia è la più grande regione italiana, la più popolosa, la più industrializzata, quindi quella che ha più bisogno di energia. Mi sembrerebbe strano non prevedere che in Lombardia ci possa essere una centrale». E Romani, nonostante qualche frenata verbale di Formigoni, pensa di avere già in tasca la disponibilità del presidente lombardo: «Non essendoci stata un’opposizione pregiudiziale da parte del presidente della Regione, dico che una centrale in Lombardia può darsi che possa essere realizzata».
In passato si era parlato del Bresciano come di un’area geologicamente adatta a ospitare la centrale. Ma fioccano altre possibilità. I Verdi per la Costituente ecologista prevedono che «la centrale nucleare in Lombardia di cui parla il ministro Romani, molto probabilmente, sarà realizzata tra le province di Cremona e Mantova lungo l’asta pluviale del fiume Po». Guido Podestà, presidente della Provincia di Milano, esclude che possa essere la sua città il luogo scelto: «Credo che il territorio milanese sia talmente conurbato da non essere l’ideale per una centrale nucleare». E ricorda a chi toccherà decidere: «Lasciamo che sia una commissione tecnica e governativa a fare le scelte sui siti. Non tocca assolutamente a me».
Circolano i nomi anche degli altri possibili siti. Il primo reattore nucleare d’Italia, secondo le previsioni generali, sorgerà probabilmente nel Lazio: a Montalto di Castro, in provincia di Viterbo. Sono poi in gara l’area di Caorso in Emilia Romagna, praticamente al confine con la Lombardia, quella di Chioggia, in provincia di Venezia, e ancora zone della sardegna, della Puglia, della Sicilia.
Romani si augura che scatti una gara per ospitare le nuove centrali: «In Francia il meccanismo per l’identificazione dei Comuni che ospitano le centrali ha generato una competizione, mi auguro che possa accadere anche in Italia».


Insomma, le città dovrebbero fare a gara per portarsi il business in casa. Umberto veronesi, l’oncologo in pole position per la presidenza dell’Agenzia per la sicurezza, tranquillizza gli animi: «Il nucleare è assolutamente sicuro e fra quattro anni saremo pronti».

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