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Londra, disastro giudiziario per Assange: l’estradizione in Svezia sempre più vicina

Londra, disastro giudiziario per Assange: l’estradizione in Svezia sempre più vicina

Londra L’estradizione in Svezia per Julian Assange si fa sempre più vicina. I giudici dell’Alta Corte di Londra hanno infatti rigettato l’appello presentato dai legali del capo di WikiLeaks bocciando tutti e quattro gli argomenti avanzati dalla difesa. Assange sembra però intenzionato a battersi sino alla fine e probabilmente farà ricorso. Che i giudici della Royal Court of Justice gli permettano di portare il suo caso sino alla Corte Suprema è però tutto da vedere.
Il diritto britannico prevede infatti che sia l’Alta Corte stessa a dare il nulla osta. Assange ha ora 14 giorni di tempo per presentare la richiesta e i giudici possono riservarsi sino a tre settimane per emettere il loro verdetto, che sarà a quel punto definitivo. Se decideranno a favore dell’estradizione, l’ex hacker australiano non avrà scampo ed entro 10 giorni gli ufficiali giudiziari britannici organizzeranno il suo trasferimento in Svezia, dove è accusato di reati sessuali.
La probabilità che finisca proprio così è molto alta. E il fondatore di Wikileaks lo sa. In aula, al momento del verdetto, non ha lasciato - come al solito - trasparire nessuna emozione. Poi, chiuso nella caffetteria dell’Alta Corte insieme ad avvocati e sostenitori, il senso della sconfitta ha iniziato a far capolino: Assange si è preso il capo fra le mani e ha stropicciato le pagine della sentenza.
Lo sconforto ha comunque subito lasciato posto alle pacche sulle spalle e ai sorrisi: dopo un mini-summit coi suoi collaboratori per buttare giù una breve dichiarazione, Assange ha affrontato i media assiepati all’ingresso della Royal Court of Justice.
«Non sono stato incriminato in nessun Paese», ha affermato Assange prima di definire il verdetto «pieno di cavilli tecnici». Concetto di fatto ripetuto da uno dei suoi sostenitori della prima ora, il celebre inviato John Pilger: «Un giudizio restrittivo dettato dalle modalità stringenti del mandato europeo». Oltre a Pilger in aula c’erano Vaughan Smith, presidente del Frontline Club e padrone di Ellingham Hall - la villa di campagna dove Assange sconta gli arresti domiciliari dal dicembre scorso - e Gavin McFadyen, direttore del Centre for Investigative Journalism.

Niente più codazzo di vip, però.

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