Se ne stanno lì, sulla panca di pietra fuori dall’aula, come due testimoni qualunque: Gabriele Albertini e Letizia Moratti, il sindaco degli anni Duemila e l’ex ministro che da lui raccolse la fascia tricolore. I due chiacchierano in attesa di venire chiamati a testimoniare. Ma quando poi si vanno a sedere sul banco dei testimoni, il loro comportamento non potrebbe essere più diverso. Entrambi dicono di non sapere nulla dei dettagli tecnici dell’«operazione derivati», quella che fece arrivare nelle casse di quattro banche estere oltre cento milioni di euro. Ma mentre Albertini è pimpante, combattivo, pignolo, la testimonianza di Letizia Moratti è soprattutto una lunga serie di «non ricordo».
La Moratti doveva essere interrogata già all’udienza precedente, ma aveva inviato al tribunale un certificato medico. Non si è del tutto rimessa, visibilmente, e forse anche per questo fatica a rispondere. E a spiegare come mai, dopo essere stata eletta sindaco nel giugno del 2006, decise di tenere per sè l’assessorato al Bilancio, in modo da «avere una visione più completa dell’ente»: ma evitò poi di prendere conoscenza fino in fondo delle operazioni che l’assessorato compiva, a partire da quella finita al centro dell’inchiesta della Procura, il rifinanziamento del debito.
L’operazione iniziò sotto la giunta Albertini, ma il passaggio finale è del 2007, quando a Palazzo Marino c’era già stato il cambio della guardia. Si ricorda quante erano le entrate del Comune? «Non ricordo con precisione». I bilanci dicono quattordici miliardi, può confermarlo? «Non ricordo con precisione». Quanto spendeva il Comune di Milano per rimborsare i mutui? «Non ricordo». Nel bilancio del 2007 ci sono 789 milioni di rate scadute, lo conferma? «Non ricordo».
Vuoti di memoria a parte, il tema costante della testimonianza di Letizia Moratti è: la legge (in particolare la legge Bassanini) stabilisce in modo netto la separazione tra il ruolo dei politici e quello dei funzionari pubblici. Ai primi spettano le scelte di indirizzo, ai secondi la gestione operativa. Quindi le trattative con le banche scelte per trasformare in bond e altri prodotti finanziari una parte consistente dei debiti di Palazzo Marino ricaddero, spiega la Moratti, nelle competenze degli uffici. Le chiede il pm Robledo: «Il 13 giugno le banche illustrarono a Angela Casiraghi (direttore del settore bilancio, ndr) i dettagli dell’operazione. Ricorda se le vennero mostrati?» «Non ricordo».
Alla fine, è il giudice Oscar Magi - per cercare di tirare in qualche modo le fila dell’udienza - a chiedere a Letizia Moratti: «Ma il Comune di Milano si sentiva truffato dalle banche?». Risposta: «Ritenevamo che potesse esserci questa fattispecie», che è un modo articolato di rispondere di sì. Tanto che il Comune decise di costituirsi parte civile nel processo aperto dalla Procura.
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