Lopez: «Canto Sinatra e realizzo il mio sogno»

Miriam D’Ambrosio

È più di un omaggio a un mito dell'infanzia e dell’adolescenza: è una dichiarazione d'amore sincera, senza le ombre del dubbio. Ciao Frankie, dedicato a Frank Sinatra, è il nuovo spettacolo di Massimo Lopez e debutta stasera all’Anfiteatro Romano di Ferento (a pochi chilometri da Viterbo), prima data di una tournée che arriverà fino ai primi di settembre e si concluderà a Ostia Antica. In scena Lopez è accompagnato dalla Big Band Jazz Company composta da quattordici elementi e diretta da Gabriele Comeglio. Uno spettacolo musicale, un incrocio tra concerto vero e proprio (con il repertorio classico di Sinatra) e monologhi che segnano l'intervallo tra una canzone e l’altra e lasciano spazio all'improvvisazione e al dialogo con il pubblico.
Quando ha pensato di realizzare questo spettacolo?
«Se ne parlava già da qualche anno, da quando avevo inciso un cd dedicato a lui, “The voice”, dopo la mia partecipazione a Buona Domenica. Sinatra è una mia passione da quando ero bambino, ma il sogno di salire su un palcoscenico e cantare le sue canzoni è diventato reale solo adesso. È uno spettacolo inusuale per me, un’esperienza canora dal vivo che affronto per la prima volta. Poi ci saranno gag, parlerò con il pubblico di questo mio amore e racconterò un po’ di me, in modo ironico, semiserio».
La tournée tocca il Centro e il Sud Italia. Conclusa l'estate potrebbe essere la volta del Nord e dei teatri che la ospitano per la stagione invernale?
«Lo spero. Per ora unisco i bagni di folla ai bagni di mare. Poi mi piacerebbe continuare il discorso e adattare Ciao Frankie per il teatro».
E il teatro è la dimensione ideale di Massimo Lopez, «essere attore è alla base» dice. Perché questo ragazzo napoletano classe 1952, «nato per caso ad Ascoli Piceno, per un soffio non a Napoli, la città della mia famiglia», ha capito presto la sua vocazione. L’inizio fu l'audizione con Luigi Squarzina, per entrare alla scuola del Teatro Stabile di Genova.
All’alba della sua carriera ha lavorato con Giorgio Albertazzi, Lina Volonghi, Adriana Asti, Alberto Lionello... Un ricordo di quegli anni?
«Il debutto in Il fu Mattia Pascal con Albertazzi, al Manzoni di Milano. Avevo un piccolo ruolo, quello del fratello di Mattia e nella mia ingenuità non sapevo che ci fosse una gerarchia sia nei saluti finali al pubblico per prendere gli applausi (le posizioni centrali sono dei protagonisti) sia nella grandezza dei camerini. Mi piazzai nel primo vuoto che trovai, c’era pure un attaccapanni libero. Furono tutti scandalizzati, era il camerino di Albertazzi. Ma lui venne da me, mi disse che non c’era problema e, con molta sensibilità, mi fece capire che la mia piccola parte era fondamentale nel contesto. E mi diede coraggio, carica, fiducia. Ho un bellissimo ricordo anche di Lionello, considerato un pignolo che pensava solo a se stesso. Io da lui ho ricevuto insegnamenti enormi, tra cui i tempi comici».
Lopez non dimentica, tra coloro che lo hanno spinto a fare questo mestiere, suo fratello Giorgio, regista di Ciao Frankie, doppiatore di Dustin Hoffman e Danny De Vito.
Tv, teatro, pubblicità, scrittura. Ha fatto tutto. Il contatto diretto con il pubblico è quello che preferisce.

Progetti per il piccolo schermo?
«Sto pensando che fare, ma aspetto stimoli. Oggi non saprei cosa condurre. Anni fa, se proponevi e offrivi un’idea, ti davano l’opportunità di realizzarla nei tempi giusti. Ora tutto mi sembra un po’ snaturato. Arriverà un momento buono, sono sicuro».

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