«Loro solo in Padania, noi come la serie A»

Società ad hoc per concerti e cucina? Colpa delle norme Ue

«Loro solo in Padania, noi come la serie A»

Lino Paganelli, vi siete fatti scippare l’eredità comunista dalla Lega.
«Preferiamo le loro feste ad altri festini...».
Se risponde acido, vuol dire che è tutto vero.
«Allora diciamo così: siamo contenti che in Padania le feste della Lega riscuotano successo».
Vabbè.
«Siamo contenti che ci sia qualcun altro sul territorio a farci compagnia. Meglio?»
La Lega dice che ci sono rimasti solo loro.
«Ma dove sono, mi dica, dove sono?».
Basta guardare la pagina degli appuntamenti della Padania...
«Ecco, appunto. Loro fanno feste in un pezzo di Padania. Nel resto del Paese non esistono, non hanno una vetrina nazionale. E hanno numeri minimali».
Dice Roberto Calderoli che invece loro fanno il pienone, mentre voi avete ridotto il numero delle feste.
«Abbiamo 3mila appuntamenti e oltre 10 milioni di visitatori, un pubblico due volte superiore a quello che frequenta ogni anno gli stadi di calcio di serie A».
Nessun rimpianto per le vecchie feste dell’Unità?
«Rimpianto di che, di un nome. Il tratto fondamentale, la partecipazione, è rimasto. Basta vedere quanta gente va alle nostre primarie».
Ma quelli non sono iscritti, alle feste vengono a mangiare.
«Ma abbiamo anche moltissimi volontari non iscritti».
È vero che appaltate tutto all’esterno?
«Ma no».
No.
«Vabbè, gli impianti elettrici magari».
Ah.
«E poi affidiamo a professionisti della ristorazione certi tipi particolari di cucina, tipo quella etnica, perché se no chi lo sa fare il kebab?».
Giusto.
«Poi un tempo gli spettacoli erano organizzati dai circoli e dalle sezioni, adesso invece sono affidati a promoter».
Promoter.
«Ma è una questione di sicurezza, vede, ci sono norme da rispettare. Anche per gli impianti elettrici. Una volta ognuno si montava la sua festa e chi sapeva metter giù due fili elettrici lo faceva. Adesso ci sono le direttive europee recepite dall’Italia».
Son problemi.
«Anche in cucina, ci sono le norme Asl da rispettare, le autorizzazioni per servire alimenti...»
Vabbè scusi ma gli altri partiti come fanno?
«Infatti le feste le facciamo solo noi».
Di nuovo.
«Ma non voglio polemizzare, l’importante è che ci siano questi momenti di socializzazione».
Servono al partito dal punto di vista finanziario?
«Più le feste sono grandi, meno ci si guadagna. Quelle piccole costano sui 100mila euro e hanno un margine di guadagno del 25-30 per cento.

Le grandi costano anche 4-5 milioni di euro, con un utile del 4-5 per cento».
Una bella sberla.
«Ma le feste sono importanti. Sono il luogo di tutti, il luogo della socialità, dove la politica si incontra con la cultura e il divertimento».

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