Il dolore cronico colpisce un italiano su quattro, il 65% delle casalinghe e il 74,4% degli anziani. Comporta la perdita di oltre 3 milioni di ore lavorative ed una spesa pari a 2 miliardi di euro in prestazioni e farmaci. Nonostante la guerra contro la sofferenza inutile non sia ancora definitivamente vinta, la Legge 38 del marzo 2010 ha avuto una portata storica per l'Italia, riconoscendo a tutti i cittadini il diritto a un equo accesso alle cure e a trattamenti più appropriati, ma contribuendo anche a sdoganare l'impiego degli oppioidi a scopo antalgico. Già oggi il consumo procapite per uso terapeutico di oppiacei forti (eravamo in coda nella graduatoria europea) è salito del 24,3%. Il volume «Cronaca di una legge che ci difende dal dolore», scritto da Marco Filippini e Manuela Campanelli, presentato nei giorni scorsi a Milano, evidenzia le tappe del percorso culturale e normativo che hanno portato a questa legge.
Dopo la nascita delle cure palliative negli anni '70, si deve attendere il 2001 e l'allora ministro della salute Umberto Veronesi per assistere al varo del progetto «Ospedale senza Dolore» e alla prima svolta legislativa che iniziò a semplificare la prescrizione degli oppiacei. «Il dolore - afferma lo stesso Veronesi - fa parte del naturale ciclo vitale, ma non deve diventare esperienza mortificante e avvilente per la dignità di ogni creatura umana».É nel biennio 2009-2010 che, con il ministro Fazio, si arriva all'approvazione bipartisan della Legge 38, nel Marzo 2010.
Tra i pionieri italiani della medicina del dolore va ricordato il professor Mario Tiengo.
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