Lotta fino alla fine: è una minaccia?

Non ci si capisce niente, ma non è mica colpa nostra. Abbiamo scritto «aggrappati a quei due», intendendo Mutu e Gilardino, ed è arrivata la domenica di Vargas e Pasqual. Siamo saltati sul carro del vincitore - il terzino, fluidificante o no - e ieri sulle fasce ci hanno a dir poco rintronato. Vabbè, chi se ne importa, non dobbiamo mica scrivere la teoria generale del calcio. Qui siamo alle prese con gioco, risultati e speranze. La storia dei campionati non si fa con i «se», e questa è una stagione strana. Incompiuta. Sembra sempre sul punto di iniziare quando invece è già finita. La stagione dei «vorrei ma non posso», o del «potrei anche, ma non voglio». Delle occasioni perse, come ieri - primo passo falso del Genoa. Delle pessime vittorie e delle confortanti sconfitte. Mourinhamente parlando, non siamo i più forti. Grazie tanto, lo sapevamo già. Non siamo i migliori quest’anno. Neanche come gioco. L’andata con l’Udinese era sembrata una svolta: 4 a 2, ricordate? Era solo un’illusione. Ammettiamolo: un gran bel calcio quest’anno non lo abbiamo visto. Il resto, il bilancio finale, dipenderà da una cosa sola: quarti o no. Champions o no. Senza mezze misure: disfatta o trionfo.

E oggi il bicchiere torna mezzo vuoto: i difensori sono «bravi ma ancora inesperti», le premesse restano tali. «Con Jovetic bisogna essere pazienti». Ancora? Sì, ancora. «Ci vuole un ultimo salto», ammette Prandelli, ma «lotteremo fino alla fine». E non si sa come prenderla: promessa o minaccia.

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