La lotta di River tra spettri e ossessioni

L'estate è, per definizione, la stagione del giallo e del mistero. Se l'editoria si rinvigorisce con le nuove storie dei personaggi più amati - da noi per esempio il commissario Ricciardi inventato da Maurizio de Giovanni e il vicequestore Rocco Schiavone per la penna di Antonio Manzini, entrambi in libreria - anche l'offerta delle serie tv vira verso le tinte del delitto: ottimo viatico contro la noia da spiaggia.

Consigliamo, su Netflix, di vedere River, che non c'entra con il fiume ma è semplicemente il cognome del protagonista, John River, poliziotto in servizio in una Londra piuttosto anonima. E l'attore Stellan Skarsgård è davvero monumentale. Viene dalla Svezia, altro Paese che ha fatto della letteratura noir un caposaldo. Figura di culto nel cinema di Lars Von Trier poi transitato a Hollywood, è stato Martin Vanger nel Millennium di David Fincher e in generale si trova davvero a proprio agio nel ruolo di un uomo avanti con l'età, segnato dalla vita e in preda a dubbi e angosce.

Nella prima sequenza, girata in automobile, River parla scherzosamente con la collega Stevie: lei lo prende in giro per la sua rigidità bonaria, per una specie di imbranataggine patologica e insieme cantano un pezzo disco degli anni '70, I Love to Love di Tina Charles destinato a ridiventare un tormentone.

Chi è Stevie? Una cara amica o l'amante? Ma presto si scopre che lei non c'è più, uccisa in uno strano incidente che somiglia tanto a un omicidio. Lo capiamo perché ha una profonda ferita alla testa. Da qui parte l'ossessione del vecchio poliziotto per risolvere il caso a modo suo. Nel frattempo parla solo con i morti, incapace di intrattenere significativi rapporti umani, nonostante la simpatia per il secondo, un tipo metà israeliano metà palestinese, e l'impegno della psichiatra che tenta di curarne i disturbi e restituirlo al suo lavoro.

Nella prima puntata un giovane delinquente perderà la vita perché inseguito da River, convinto c'entri qualcosa con la morte di Stevie. È questo il primo mistero da risolvere, ma in ogni giallo che si rispetti conoscere il colpevole dalle prime battute è spesso una trappola. Sul congegno ad orologeria del poliziesco classico si innescano così abbondanti sedute psicanalitiche degne del cinema d'autore, che magari appesantiscono un po' la trama avara d'azione. Ecco che River viene così inseguito dalle sue ossessioni, che vanno da Shakespeare a un libro scritto nel 1880, protagonista un certo Thomas Cream, assassino pure lui, che gli si manifesta nei suoi deliri.

Si capisce che River sta soffrendo e nelle successive cinque puntate si ritroverà a inseguire più fantasmi che criminali. La serie, scritta da Abi Morgan, ha comunque una certa originalità nel contemplare l'elemento parapsicologico accanto alla struttura tipica del genere.

Negli episodi successivi si annuncia il peggiorare dello stato d'animo del poliziotto a fronte di sospetti verso un altro possibile assassino. Quindi la svolta nelle indagini fino alla terribile scoperta della verità.

Da vedere, anche per soffrire meno il caldo in una Londra plumbea e autunnale.

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