La lotta rosa per la parità sul lavoro ha 50 anni

Nel 1960 Rosa Oliva riuscì a far cancellare una legge che bloccava la carriera delle donne nella Pubblica amministrazione. E non si è arresa: oggi si batte contro la legge elettorale

Sono passati 50 anni esatti e Rosa Oliva non ha mai mollato. Fu lei, nel 1960, ad aprire alle donne la strada dei vertici della pubblica amministrazione. Il diritto di voto era arrivato 14 anni prima, nel 1946, ma una legge del 1919 escludeva le donne «da tutti gli uffici pubblici che implicano l'esercizio di diritti e potestà politiche».
Rosa Oliva non si volle arrendere a questa norma e ingaggiò una battaglia legale per diventare prefetto, spalleggiata anche da tanti uomini, primo fra tutti il costituzionalista calabrese Costantino Mortati. I giudici della Consulta dichiararono illegittima la legge del 1919.
Da allora le donne hanno conquistato molti campi, ma tante sono ancora le differenze. Aumenta la partecipazione femminile al mercato del lavoro, ma il tasso di occupazione femminile resta ancora inferiore del 22% rispetto a quello maschile. Le donne inoltre vengono occupate prevalentemente in attività a bassa remunerazione e, nonostante il loro massiccio ingresso sia nelle varie attività della pubblica amministrazione sia in quelle private, la loro possibilità di fare carriera è scarsa. Le donne, ad esempio, sono solo il 14% dei componenti dei Cda di società con oltre 10 milioni. Sono il 15,1% tra i prefetti e il 12% fra i dirigenti medici primari. Eppure nello studio le donne hanno già superato gli uomini. Negli anni '50 era bassissima la presenza femminile nei licei e nelle università. Il sorpasso è arrivato fra gli anni Ottanta e Novanta e oggi il tasso di scolarità femminile ha superato quello maschile dell'1,7% nelle scuole superiori e del 28% nelle università.
Le ragazze sono anche più brave, si diplomano o laureano nei tempi e ottengono voti migliori. Poi si sposano e cominciano ad accumulare gap: lavorano un'ora di più delle amiche che pur avendo figli sono single e finiscono per rinunciare al lavoro man mano che aumentano i figli. In parte, forse, dipende anche dall'organizzazione delle famiglie: il 23% dedica meno di 10 minuti al giorno alle attività domestiche. Emerge da uno studio realizzato da Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell'Istat, proprio in occasione dei 50 anni della battaglia di Rosa Oliva. Secondo questi dati, i tempi di lavoro complessivi, in casa e nell'occupazione, assorbono le madri, mediamente, per 9 ore e 22 minuti al giorno, contro le 7 ore e 45 dei padri. La cui presenza, sostiene Sabbadini, finisce per costituire un'ulteriore fonte di lavoro per le mogli: le madri single, infatti, in media svolgono un'ora al giorno in meno di lavoro familiare.
Nelle forze armate, infine, la parità tra uomo e donna è una realtà disciplinata dalla legge, anche se la percentuale delle divise rosa resta ancora molto bassa. Colpa della tardiva apertura dei corpi militari alla presenza femminile, ritardo che influirà anche nel turn over ai vertici delle forze armate. Attualmente ci sono nell'esercito italiano 6.300 donne tra truppa, sottufficiali e ufficiali. Il grado più alto nella scala gerarchica raggiunto dalle donne è quello di capitano e, a causa dei percorsi di carriera, la prima donna generale potrebbe essere nominata solo nel 2028.
Una situazione contro la quale Rosa Oliva si batte ancora oggi. Ha fondato un'associazione che si chiama «Aspettare stanca».

«Le giovani donne - dice - pensano che ormai sia tutto fatto mentre serpeggia una strategia un po' subdola di resistenza alle innovazioni». L'associazione di Rosa Oliva sta preparando un ricorso costituzionale contro la legge elettorale, accusata di non tutelare abbastanza le pari opportunità.

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