Lotta sinergica in aiuto al pancreas

Oltre 350 chirurghi soprattutto europei e statunitensi sono giunti a Milano per focalizzare oggi e domani diagnosi e cura del tumore del pancreas. E' una delle forme neoplastiche più gravi ed insidiose, rappresenta la quarta causa di morte per tumore nei Paesi occidentali (10mila nuovi casi all'anno ogni centomila abitanti; colpisce soprattutto gli uomini dopo i 60 anni). Nel 75% dei casi al momento della diagnosi la neoplasia già in fase avanzata, non è operabile. Un tempo erano veramente poche le armi per combattere questo tumore, anche oggi sono limitate. Grazie ai mezzi diagnostici più avanzati, il tumore è riconosciuto sempre più precocemente, quando è tecnicamente asportabile. Non va inoltre dimenticata l'integrazione della chirurgia con i trattamenti chemio e radioterapici che, specie in fase preoperatoria (terapia neoadiuvante) stanno migliorando la sopravvivenza a distanza (più del 20% a 5 anni) fino a qualche anno fa impensabile.
La ricerca ha un ruolo fondamentale nei progressi compiuti nella lotta al cancro del pancreas. «La diffusione della malattia attraverso i nervi - spiega il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e docente di patologia all'università di Milano - è uno dei motivi per cui alcuni tumori, primi fra tutti quelli del pancreas e del colon, anche se asportati chirurgicamente metastatizzano, ossia ricompaiono nelle vicinanze o in altre parti dell'organismo. Aver chiarito il meccanismo molecolare alla base della diffusione del cancro attraverso i nervi consentirà di mettere a punto nuove terapie, mirate a bloccare la chemochina (molecola che guida il traffico dei globuli bianchi) responsabile di questo processo. Inoltre l'interazione con i nervi sembra avere un ruolo importante nel dolore associato al cancro del pancreas. Si possono aprire nuove strade terapeutiche anche per il controllo del dolore legato a questa malattia». Su questi studi sono impegnati numerosi ricercatori di Humanitas, del San Raffaele, dell’università di Mlano, con il supporto dell’Associazione per la ricerca sul cancro. All’incontro scientifico sul pancreas in corso a Milano partecipano chirurghi italiani e molti esteri, tra i quali Marcus Büchler, chirurgo tedesco che vanta la maggiore esperienza al mondo in chirurgia del pancreas ( eseguirà in diretta un intervento) e Dirk Gouma dell'Academic Medical Center di Amsterdam. Il professor Marco Montorsi, responsabile di chirurgia generale III dell'Istituto clinico Humanitas (dove si svolge l'incontro) e docente dell'università degli studi di Milano, è l'organizzatore di questo congresso. «Negli ultimi anni la chirurgia pancreatica ha fatto passi da gigante. Nonostante si tratti di interventi estremamente complessi, che richiedono grande esperienza - spiega il professor Montorsi - grazie all'affinamento delle tecniche chirurgiche e alla migliorata gestione intra e post-operatoria dei pazienti oggi sono diminuite sia la mortalità operatoria sia le complicanze post-chirurgiche. Anche la chirurgia mini-invasiva si sta ritagliando un ruolo preciso per alcuni tipi di resezioni quali le pancreasectomie sinistre». Le operazioni al pancreas sono estremamente complesse, per questo è importante che vengano effettuate in centri ad alta specializzazione. «Si tratta di interventi anche molto lunghi ed impegnativi - spiega il dott. Alessandro Zerbi, caposezione di chirurgia pancreatica in Humanitas e segretario nazionale dell'Associazione italiana per lo studio del pancreas - che sono difficili perché il pancreas è posizionato in profondità nell'addome, a stretto contatto con lo stomaco, l'intestino, la milza e alcune importanti strutture vascolari. Inoltre, si tratta di un organo particolarmente fragile, che produce sostanze corrosive per gli altri tessuti. Il rischio di complicanze è quindi molto alto e legato non solo alla patologia, ma anche alla tecnica chirurgica. É importante che l'operazione sia svolta da équipe con una grande competenza specifica». Altrettanto fondamentale è una forte sinergia con specialisti di altre discipline.

«Nell'affrontare tumori localizzati in una posizione così delicata dell'organismo - prosegue il dottor Zerbi - lavoriamo a stretto contatto con radiologi, oncologi, endoscopisti, anestesisti, gastroenterologi e anatomopatologi assieme ai quali costruiamo un percorso diagnostico e terapeutico su misura per il paziente».

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