Milano - Gli scienziati vanno avanti nella ricerca ma ancora non se ne conoscono le cause. La sclerosi laterale amiotrofica (Sla), il terribile morbo di Lou Gehrig - dal nome del giocatore americano di baseball che ne fu la prima vittima accertata - colpisce irrimediabilmente il sistema nervoso e in particolare i neuroni che incidono sui movimenti del corpo. Lentamente si porta via i malati, lasciandoli lucidi nella mente sino alla fine. Il mondo del calcio ha una paura terribile perché, negli ultimi anni, sono stati molti i giocatori che si sono ammalati di Sla. L'ultimo di cui si è parlato è Stefano Borgonovo, ex centravanti della Fiorentina e del Milan oltre che della nazionale. Qualche settimana fa ha fatto sapere di essere malato rilasciando un'intervista a un giornale. Poi ha dato vita a una fondazione che raccoglie fondi per la ricerca. I suoi ex compagni si sono stretti intorno a lui tra lacrime, sorrisi e sospiri. Qualche anno fa se n'era andato Gianluca Signorini, storico "libero" del Genoa che si impose sul Liverpool in Coppa Uefa nel 1992. Certo, la Sla non è solo la malattia di chi gioca a pallone ma non si può escludere che vi possa essere qualche nesso. La collaborazione del mondo del calcio potrebbe essere utile agli scienziati. Dire chiaro e tondo quali farmaci abbiano assunto, quali e quanti antidolorifici abbiano preso e a quali terapie siano stati sottoposti per anticipare il rientro dopo gli infortuni. Tutto questo potrebbe servire a capire meglio il progredire della Sla. Ma fino ad ora sono pochi quelli che hanno parlato. Quasi tutti hanno preferito fare finta di nulla.
Albertini: "Aprire le porte degli spogliatoi" "I giocatori aprano le porte degli spogliatoi e diano un contributo di disponibilità, oltre a quello economico, alla ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica". Demetrio Albertini, vicepresidente della Federcalcio e a lungo centrocampista del Milan e della nazionale, scende di nuovo in campo. E lo fa non come semplice testimonianza.
Test della saliva e questionari "Anche alla luce di quanto ha detto il presidente dell’Aisla Mario Melazzini - prosegue Albertini - è bene aprire i ritiri e dare tutte le possibilità ai medici di agire: con il test della saliva, ad esempio, o magari anche solo rispondendo alle domande dei ricercatori. Il nostro sport dà un contributo di visibilità alla ricerca, ma non sappiamo come si cura la Sla né come nasce. Tutto quello di cui si parla, dai farmaci ai diserbanti, sono ipotesi. Dunque aiutiamo la ricerca: sarebbe bello accertare una volta per tutte che questa non è la malattia del calcio".
Vialli: "No ai magistrati travestiti da scienziati" C'è anche chi, pur non sottovalutando l'importanza della battaglia contro la Sla, preferisce gettare acqua sul fuoco delle polemiche e se la prende con chi, a suo dire, strumentalizza: "Dal mio punto di vista - esordisce Gianluca Vialli - non se ne parla abbastanza, e quando lo si fa se ne parla a sproposito". L'ex giocatore della Sampdoria e della nazionale va giù pesante: "Sicuramente è colpa di qualche magistrato che si traveste da ricercatore e che dà spiegazioni che nemmeno la scienza ha ancora dato". "La sclerosi laterale amiotrofica - ha detto Vialli, che con Massimo Mauro ha costituito nel 2004 una Fondazione che oggi supporta l’Arisla - è una malattia su cui ci sono state molta disinformazione e strumentalizzazione".
"Stare più vicini ai malati e alle famiglie" È importante che se ne parli - prosegue Vialli - ma non bisognerebbe distogliere l’attenzione dai malati e dalle loro famiglie, e invece scatenare una caccia alle streghe
colpevolizzando qualche dirigente sportivo o medico sportivo, magari facendo una battaglia personale attraverso questo discorso. Riteniamo sia necessario fare chiarezza - ha concluso - perciò lasciando la parola agli scienziati".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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