Lovano e Jones attesi domani per l’«Aperitivo»

Confronto generazionale fra i due grandi musicisti

Franco Fayenz

Aperitivo in Concerto ritorna domani mattina alle 11 al Teatro Manzoni per il primo appuntamento del 2006. Si tratta di un ritorno in grande stile: è di scena il più ammirato duo jazz in attività e uno dei migliori di tutti i tempi: Joe Lovano al sax tenore (e al clarinetto basso, se lo avrà portato in tournée) con Hank Jones al pianoforte. Il duo, a differenza del trio di pianoforte, contrabbasso e batteria, non è una formazione frequente nel jazz, in specie se prescinde da un supporto ritmico. Uno dei primi esempi noti è una vecchia registrazione di Louis Armstrong, che nel 1928 improvvisò con Earl Hines al pianoforte un magnifico Weather Bird, nel quale addirittura i due solisti dialogarono su un piano di parità, come sarebbe accaduto nel jazz - e non sempre - almeno trent’anni più tardi. Nel caso di Lovano e di Jones si può parlare anche di un confronto generazionale, ma l’osservazione appare un po’ scontata. Jones, infatti, compirà felicemente 88 anni nel prossimo luglio. Ha ormai pochissimi concorrenti sul piano dell’età, e può essere il padre (o il nonno) di un’infinità di musicisti, compreso Lovano che di anni ne ha 54.
È meglio osservare, piuttosto, che entrambi hanno le loro radici nel jazz moderno: Jones ne ha vissuto la nascita in prima persona, avendo debuttato nel jazz durante e subito dopo la seconda guerra mondiale, dapprima a Pontiac nel Michigan, la sua città, e poi a New York. Lovano lo ha imparato soprattutto negli anni Settanta quando collaborò con l’orchestra di Woody Herman.
Jones è il superstite di una delle più famose famiglie del jazz. I suoi due fratelli, entrambi più giovani di lui, furono Thad, classe 1923, trombettista e direttore di una grande orchestra; ed Elvin (1927), batterista vigoroso e innovativo, sostegno ritmico dell’indimenticabile quartetto di John Coltrane dal 1960 al 1965 e poi direttore di proprie formazioni. Hank ha scelto uno strumento meno logorante: sostiene che sia questo il segreto della sua longevità.
Gli intenditori più attenti lo ricordano improvvisatore impeccabile al Blue Note di Milano con il suo Great Jazz Trio. E di recente un giornalista francese lo ha riconosciuto tuttora in possesso di tocco brillante, fraseggio impeccabile, articolazione straordinaria ed equilibrio delle due mani assolutamente esemplare fra i pianisti che si sono rivelati durante gli anni Quaranta. Hank Jones è il virtuoso che ha capito meglio degli altri la lezione di Art Tatum, riuscendo ad armonizzare le linee moderne della mano destra con il forte rigore tradizionale della sinistra.
Lovano, naturalmente, ha avuto collaborazioni diverse e posteriori attraverso le quali ha maturato un linguaggio secco e deciso, i cui contorni però si ammorbidiscono nei toni gravi. È capace di caldo lirismo, di invenzione melodica inesauribile e di sviluppare un’energia fluida che sa concedersi pause di ampio respiro.

Dopo l’esperienza formativa con Woody Herman, ha collaborato fra gli altri con Mel Lewis, Carla Bley, Gunther Schuller e con la Liberation Music Orchestra di Charlie Haden. Nel 1981 ha fondato un trio con il chitarrista Bill Frisell e con il batterista Paul Motian che tuttora ogni tanto si riunisce. In seguito ha lavorato con complessi propri, in duo con Hank Jones e come freelance.

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