Lucarelli: "La dietrologia? Per uno scrittore è fare due più due"

"Mi guardavo intorno e mi chiedevo: com’è possibile che non ci sia la mafia in Emilia Romagna? Così ho immaginato quel racconto. Poi, un paio d’anni dopo, si è scoperto che la mafia era arrivata anche nella mia terra. E allora è stato tutto un allarme e un susseguirsi di convegni..."

Lucarelli: "La dietrologia? Per uno scrittore è fare due più due"

La dietrologia? «Per uno scrittore come me è fare due più due». Carlo Lucarelli estrae dallo scaffale un suo libro, Il giorno del lupo (Einaudi). «Mi guardavo intorno e mi chiedevo: com’è possibile che non ci sia la mafia in Emilia Romagna? Così ho immaginato quel racconto. Poi, un paio d’anni dopo, si è scoperto che la mafia era arrivata anche nella mia terra. E allora è stato tutto un allarme e un susseguirsi di convegni».

Lucarelli, lei ha detto che l’Italia non è la terra dei misteri ma dei segreti. Conferma?
«Certo, il segreto presuppone qualcuno che te lo nasconde. Il segreto sta chiuso in un cassetto».

E il mistero?
«No, il mistero può essere risolto. Domanda: chi è l’assassino di Garlasco? Questo è un mistero di cronaca, può essere che domani qualcuno sia condannato. O forse no».

Molti cassetti sono stati aperti ma dentro non c’era nulla.
«Vero. La dietrologia per la dietrologia può essere una malattia. Però, cito Giulio Andreotti: a pensare male si fa peccato, ma quasi sempre ci si azzecca. Naturalmente, quel “quasi” dev’essere un freno».

Qualche volta l’ideologia acceca. Il saggista traveste una storia e la falsifica.
«Il Lucarelli saggista si è sfogato come dietrologo, ha scavato, ma non si è mai lasciato accecare. Soprattutto, il Lucarelli che va in tv non ha mai cancellato o travisato un solo dettaglio. Mai».

Il Lucarelli romanziere come se l’è cavata con i segreti d’Italia?
«Intorno al 1990 ha pensato male e ci ha azzeccato».

Si riferisce a «Falange armata»?
«Certo, io seguivo una linea che portava per i delitti della Uno bianca dalle parti della polizia, dei servizi deviati. Dunque, ho immaginato che il capo della banda fosse un poliziotto. Giusto. Ma troppo poco. Dovevo attrezzarmi per il peggio: i poliziotti erano quattro o cinque».

In futuro?
«Vorrei scrivere un romanzo su Piazza Fontana. La storia ci offre molto materiale. Alcuni cassetti sono stati aperti, certe verità ora le conosciamo».

Si è alimentata la scienza dietrologica.
«Solo per reazione ai depistaggi del potere. Di più: la dietrologia è la risposta ai depistaggi. Comunque noi romanzieri abbiamo molto da scrivere; questo genere è agli albori, in fondo la letteratura sui segreti d’Italia comincia nel 2002 con Romanzo criminale. Ora c’è l’esplosione di questi temi».

Sul

versante della saggistica?
«Lì siamo dentro una giungla. Vedi il caso Moro».

C’è tutto e il contrario di tutto.
«Appunto. Bisogna districarsi. Senza sposare a priori un punto di vista».

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