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«Lucarelli e io nel giallo siamo Coppi e Bartali»

«Ammaniti autore visionario, Daniele Genova è da scoprire»

«Lucarelli e io nel giallo siamo Coppi e Bartali»

Daniele Colombo

Parte oggi la kermesse milanese dedicata al noir italiano. L’iniziativa si tiene alla libreria Mursia (via Galvani 24 - per informazioni, tel. 0267378530): il cartellone prevede cinque appuntamenti. Tra gli autori che incontreranno il pubblico anche Andrea Pinketts (previsto per giovedì).
In questo momento impegnatissimo a presentare l’ennesima fatica letteraria («Laida Odius», una storia pulp a fumetti) e galvanizzato dalla scoperta che è amato anche da Claude Chabrol («ho scoperto un autore folle e divertente»), Andrea Pinketts, il “Carmelo Bene” degli scrittori noir italiani, preannuncia che il suo intervento alla convention milanese sarà basata sull’improvvisazione: «L’importante è che tutto torni».
Dove va il giallo italiano?
«È un po’ come la corsa all’oro dei minatori americani. Oggi chiunque scrive un giallo perché è convinto che “tiri”. Diventa allora più popolare, ma la vena si sta esaurendo».
Alberto Savinio diceva che le nostre città sono tutt’altro che «tentacolari» e «non fanno quadro al giallo»...
«Sbagliava. La Romagna di Lucarelli, per esempio, è proprio un’enorme città tentacolare, che da Bologna arriva alle Marche».
Guido Piovene giudicava invece «poco credibile» un noir che si svolga a Roma, Venezia o Firenze. E la «tua» Milano?
«La valutazione è giusta ed errata, essendo figlia di un periodo in cui dominavano il provincialismo e la deferenza verso il noir anglosassone. Quanto a Milano, da Scerbanenco in poi, la città è piena di orrori. E tra questi metterei anche la fiera di Rho, un “delitto” a cielo aperto».
Ma è toccato a un americano, Dan Brown, scoprire che il «Cenacolo» è una gallina dalle uova d'oro...
«In realtà Il codice da Vinci è un pasticciaccio: non “brutto”, semplicemente un pasticciaccio. Quanto a Leonardo, in Italia abbiamo ben altrettante storie cupe, come quelle legate alle streghe di Triora. Speriamo che non se ne accorga Dan Brown».
Milioni di lettori, ma non c’è un grande festival del thriller.
«Serve più spettacolarizzazione. Al Mystfest c’era grande affluenza di pubblico, ma ha chiuso per ragioni politico-economiche, Quello di San Pellegrino era per addetti ai lavori. L’attuale Noir in Festival di Courmayeur tende a far prevalere il cinema».
Chi oggi è l’erede di Scerbanenco?
«Io, Fois e Lucarelli siamo i suoi nipotini».
Un autore da scoprire?
«Daniele Genova, anche se non è più di primo pelo».
Diamo la pagella ai grandi: Niccolò Ammaniti?
«Visionario. Scrittore tout court».
Marcello Fois?
«Uno storico mancato. O riuscitissimo».
Andrea Camilleri?
«Fenomeno apparentemente inspiegabile. Un maestro che ha codificato uno stile».


Carlo Lucarelli?
«Io e lui siamo un po' come Coppi e Bartali, ma tra noi c’è stima».
Giorgio Faletti?
«Un’esplosione. È riuscito ad americanizzare l’autore italiano di gialli».
Andrea Pinketts?
«Direbbe George Bernard Show: “Un predicatore travestito da saltimbanco”».

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