Cultura e Spettacoli

Lucia Bosé: «Torno al cinema con il mio ruolo più difficile»

L’attrice milanese gira «I vicerè» diretto da Roberto Faenza: «Nella vita ho sempre amato le sfide»

Enrico Groppali

L>a sua voce bassa e sensuale d’improvviso si anima, ride di gusto, esplode in un grido di gioia. E non quando evoca il cinema, ma quando si mette a parlare dell’argomento che occupa intere le sue giornate: il mondo degli angeli, anzi degli arcangeli a cui qualche anno fa ha dedicato un museo. Chi sarà mai, vi chiederete, questa strana creatura dalla diafana carnagione d’alabastro che, avvolta in un peplo più cupo della notte, sgrana i suoi immensi occhi neri sotto la lunga chioma color del cielo? Non lo indovinerete mai, quindi è meglio ve lo dica io: si tratta di Lucia Bosé. La bellissima degli anni Cinquanta, adorata da Visconti come da Pablo Picasso, che ora, dopo anni di vita errabonda, ha accettato di nuovo una scrittura. E che scrittura! Dato che sarà una delle protagoniste dei Vicerè, il nuovo film di Roberto Faenza tratto dal famoso romanzo di Federico De Roberto.
Come mai ha deciso di tornare sul set, signora Bosé? L’ultima volta che ci ha messo piede, è stato agli ordini di Ferzan Ozpetek, non è vero?
«Ha ragione. Ma quella più che un’interpretazione è stata una visita a un vecchio amico, che non vedevo dai tempi di Metello, quando era uno degli assistenti di Mauro Bolognini. Harem soirée per me è stato solo una vacanza».
Mentre oggi...
«Mentre oggi, nei Vicerè, un romanzo che adoro e che, per me, ha nella letteratura italiana la stessa importanza che occupa Proust nella narrativa francese, interpreto un ruolo complesso, contraddittorio, difficile. Che sembra fatto apposta per la Bosé che, nella sua lunga vita, ha sempre amato le sfide e mai, dico mai, ha concepito il cinema come un passatempo».
Sarà impegnata a lungo nelle riprese?
«Per tutta l’estate, fino a ottobre darò vita tra Roma, Ariccia e Catania alla straordinaria figura della Principessa immaginata dal grande autore siciliano. Ma per scaramanzia non voglio dir nulla sul carattere impetuoso e febbrile di questa creatura d’eccezione che non accetta il tramonto del suo casato e, come un'eroina di Garcia Márquez, si considera più antica del tempo e delle stagioni».
Anche sul set sfoggerà i suoi capelli più azzurri di un cielo di primavera?
«No. Come potrei? Essere volutamente eccentrici non significa essere pazzi».
È vero che ha scelto questo nuovo look per essere in armonia col creato?
«Volevo collocarmi sullo stesso piano astrale degli angeli, i soli intermediari tra noi e l’infinito».
Per questo ha lasciato Madrid? Per non allontanarsi dalle presenze dei Troni e delle Dominazioni?
«Rifuggo dalle metropoli, divenute per me luoghi di guerra e di tumulto. Per ritrovare la pace dello spirito, mi sono trasferita a Brieva, una piccola città a dieci minuti di mac- china da Turedano, dove sorge il museo cui ho deciso di dedicare il resto della mia vita».
Non mi dirà che le sale ariose abitate da quelle immagini sovrumane occupano tutto il suo tempo?
«A costo di smentirla, le grido ad alta voce di sì. Anche se la casa dei miei dei è colma di ben ottanta tra statue e dipinti che non lasciano spazio a nuove acquisizioni, sa cosa significa richiamare l’attenzione di pubblico, amministratori e addetti ai lavori nei confronti di un luogo che non ha confronti in Europa? Gli angeli, caro mio, sono ben più impegnativi di un film».
Sia sincera. Durante gli anni a fianco di Dominguin non ha mai rimpianto il mondo del cinema?
«In pieno accordo con mio marito, avevo scelto di fondare una famiglia. E non me ne sono mai pentita».
Nemmeno quando Pasolini, nel ’66, la scongiurò di impersonare in Teorema la gran signora lombarda turbata da un emissario divino di nome Terence Stamp?
«Pier Paolo mi lusingò, non lo nego, quando mi venne a cercare».
Torniamo agli angeli, vuole? Qualche tempo fa, le redazioni sono state invase da una celebre posa di Lucia Bosé contornata da due grandi ali candide. Era solo una trovata pubblicitaria?
«Niente affatto! Amo talmente i miei celesti consolatori che, quella volta, ho provato per gioco a identificarmi con loro».
Se le chiedessero di apparire in quel ruolo in un film ne sarebbe felice?
«Fino a un certo punto. Perché io, in realtà, mi sento più simile a una dea.

E precisamente ad Atena, una donna guerriera che non teme le insidie perché, come tutti sappiamo, è scaturita dal cervello di Zeus».

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