L'Ue avverte Prodi: "L'Italia rispetti il Patto di stabilità"

Commissione europea e Bce lanciano un monito al governo italiano: risanamento di bilancio e niente nuove spese. Ma il ministro Ferrero fa orecchie da mercante: "Queste intimidazioni devono essere rispedite al mittente"

L'Ue avverte Prodi: "L'Italia 
rispetti il Patto di stabilità"

Roma - La Commissione europea e la Bce invitano l’Italia al rispetto del Patto di stabilità europeo. E per il governo, seppure per voce del ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero (Prc), «queste intimidazioni devono essere rispedite al mittente». Replica ai richiami europei anche Roberto Pinza. Il viceministro all’Economia rileva come l’Italia abbia «ampiamente onorato» il Patto di stabilità.
Ma è proprio per gli strumenti messi in atto dal governo «per onorare» il Patto che, all’Ecofin informale di Porto, Tommaso Padoa-Schioppa deve subire i rimbrotti della Banca centrale europea e della Commissione di Bruxelles. In una pausa dei lavori, il ministro spiega che il confronto sul livello del deficit pubblico italiano si è svolto «in un clima aperto e di franchezza reciproca»: formula diplomatica a cui si ricorre per indicare qualche asperità nel dibattito (a porte chiuse).

Secondo Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, l’Italia deve rispettare gli impegni assunti all’Ecofin di Berlino. Vale a dire, deve rispettare l’obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2010. Dello stesso tono le critiche di Joaquin Almunia. Il commissario europeo invita l’Italia a non mollare la presa dal risanamento finanziario. E come «gli sforzi debbano essere perseguiti nel 2008 e negli anni a seguire per raggiungere il pareggio di bilancio, anche alla luce del livello del debito pubblico: il più alto d’Europa».
Per Trichet ed Almunia, insomma, l’Italia non sta facendo abbastanza e non sta rispettando il Patto di stabilità. Al centro delle critiche tre scelte del governo: l’utilizzo del maggior gettito fiscale (il tesoretto) per aumentare le spese; il conseguente aumento del deficit; il rinvio al 2011 del pareggio di bilancio. Da qui, l’accusa di mancato rispetto del Patto.

Il Patto, infatti, prevede che ogni euro di maggior gettito deve andare a riduzione del deficit, e non può essere utilizzato per aumentare la spesa. L’Italia, al contrario, con il decreto di luglio lo ha utilizzato per aumentare gli investimenti pubblici (altrimenti i cantieri erano fermi, la manovra del 2007 non li aveva rifinanziati) e per far crescere le pensioni minime. Il costo complessivo dell’operazione, 6 miliardi, ha fatto lievitare il rapporto deficit/Pil dal 2,1% previsto, al 2,5%. Insomma, l’Italia non ha ridotto il deficit per accelerare il pareggio di bilancio, ma lo ha aumentato. Tra l’altro, il Patto prevede eventuali sforamenti degli obbiettivi di deficit programmato; ma solo in caso di cattiva congiuntura economica. Ed una crescita dell’1,8% del Pil, quale sarà quella italiana quest’anno, non rientra nella fattispecie.

La terza critica, figlia delle due precedenti, è quella su cui si concentrano le critiche di Trichet ed Almunia. Il rinvio dal 2010 al 2011 del pareggio di bilancio. Nei giorni scorsi, il commissario europeo (ma anche il presidente della Bce, ex collega di Padoa-Schioppa) hanno più volte ricordato al titolare dell’Economia quali sono gli impegni assunti dal governo in sede europea. E che simili accordi non possono essere cambiati in corso d’opera solo perché anche la Francia di Sarkozy conta di rinviare di un anno l’azzeramento del deficit. Tenuto soprattutto conto che Parigi non ha un livello del debito analogo a quello italiano.


Fra l’altro sia a Bruxelles sia a Francoforte sanno perfettamente che il 2011 è per l’Italia un anno elettorale (finisce la legislatura) e sono scettici sulla capacità del governo di non allentare i cordoni della borsa «per qualche voto in più».

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