Lui chiede «serenità», ma i problemi restano

RomaNessun patto con Berlusconi o Alfano. Nessuna «garanzia» sul pronunciamento della Corte Costituzionale. E nessuna legge scritta a quattro mani dal Guardasigilli e dal consigliere giuridico del Colle, ma soltanto una normale «collaborazione» tra gli uffici della presidenza e «i ministeri competenti», una «prassi da tempo consolidata». Due giorni dopo, al termine di un weekend di riflessione, Giorgio Napolitano risponde così, con una nota scritta, alla ricostruzione del Giornale sulla nascita del Lodo Alfano. Quanto poi all’assenza dai funerali di Messina, la replica si limita all’esibizione di un tutore ortopedico che avvolge la caviglia sinistra.
Il Quirinale definisce quindi «del tutto falsa l’affermazione che si siano “stipulati patti” su leggi», perché quello è un compito che «spetta al governo». Tantomeno, insistono sul Colle, ci sarebbe stato un accordo «sul superamento del vaglio della Consulta». Quello che sarebbe successo, secondo questa versione, è che, «una volta rilevata la palese incostituzionalità dell’emendamento blocca processi», sarebbe stato il Consiglio dei ministri a scegliere autonomamente la strada del disegno di legge.
E il ruolo di Giorgio Napolitano? «Il presidente - si legge ancora nel comunicato - ne autorizzò la presentazione in Parlamento e, dopo l’approvazione, promulgò la legge». Una firma «comunque motivata e che non poteva in nessun modo costituire garanzia di giudizio favorevole della Corte», il cui rispetto «è doveroso per tutti». Ma la chiave di tutto sta nelle ultime tre righe della nota: «La collaborazione tra gli uffici della presidenza e gli uffici competenti è parte di una prassi da tempo consolidata di semplice consultazione e leale cooperazione, che lascia intatta la netta distinzione dei ruoli e delle responsabilità».
Ecco. Vista dall’ottica del Quirinale, questa «collaborazione» altro non sarebbe che una consueta pratica di consultazione, quasi di assistenza esterna. Fin dai tempi di Einaudi, affermano sul Colle, si svolgono infatti dei colloqui e dei contatti informali tra gli uffici della presidenza e i ministeri interessati per sondare il percorso di una legge prima del suo arrivo alle Camere, per segnalare eventuali situazioni di dubbia costituzionalità e trovare soluzioni alternative. Cioè, in buona sostanza, si tratterebbe solo di suggerimenti che però, sempre secondo il Quirinale, non renderebbero il presidente coautore dei provvedimenti. Vale anche per il Lodo Alfano: dal Colle sarebbe arrivato solo un consiglio, «siate coerenti con la sentenza del 2004 della Consulta». Peccato che la Corte fosse di altro avviso.
Questa dunque «la versione di Giorgio». Ma adesso il capo dello Stato, dopo aver puntualizzato, vuole spegnere le polemiche. «Ciò di cui abbiamo bisogno oggi in Italia - dice in mattinata nell’aula magna della Sapienza durante un convegno sulla ricerca - è di guardare al futuro». Certo, la bocciatura del Lodo ha lasciato sulla strada della «serenità» invocata dal Colle molti cocci che sarà difficile rimuovere.
Napolitano ci prova ostentando tranquillità nel seguire la sua agenda. E nel mandare altri messaggi.

Ad esempio, sull’economia. «La spesa pubblica - afferma - ha ecceduto largamente i limiti di un indebitamento normale e tollerabile e che deve essere ricondotto sotto controllo. Servono altre priorità nella redistribuzione dei fondi pubblici».

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