Lui e Gerry come gemelli Stesso nome e stessa età

«Arrestato il dottor Scotti». Sembra una battuta di Zelig, invece è la realtà: e per uno scherzo del destino, il tormentone pubblicitario rimbalza nelle agenzie di stampa che annunciano che è finito in manette il numero uno del gruppo pavese. E pensare che a quel soprannome S.T. ci teneva: l’aveva inventato lui, giocando sull’omonimia col testimonial, il popolare Gerry.
Stesso cognome, stessa data di nascita - 1956 -, stesse origini pavesi: un caso unico al mondo, aveva pensato l’imprenditore, firmando il primo contratto pubblicitario che avrebbe fatto del marchio Scotti il nome del riso per antonomasia. Col tempo, l’industriale e il conduttore tv sono diventati amici, tanto che Gerry era al fianco di S.T. nel 2004 ai funerali del padre, quel Ferdinando Scotti che ha traghettato la riseria di famiglia da attività artigianale a impresa industriale.
Dopo la sua morte, il testimone è passato a Dario - come ha sempre preferito farsi chiamare -, ma solo da un punto di vista simbolico: il «dottore» era già da 18 anni amministratore delegato dell’azienda fondata nel 1860 dal bisnonno Pietro, dove lui stesso era entrato a 28 anni, costruendosi una solida fama di innovatore. Meritata, certo: è stato lui a diversificare la produzione, introducendo sul mercato italiano l’olio, il latte e la pasta di riso. Tutti prodotti dietetici, reclamizzati dall'inossidabile S.T. all'insegna del motto «la salute vien mangiando»: ma pensati anche per il mercato europeo, dove l’attenzione per l’alimentazione naturale è molto più antica e radicata, e non si scontra con abitudini gastronomiche difficili da modificare come in Italia.
E sempre Dario, nel Duemila, ha deciso di puntare sui Paesi dell’Est come nuovo mercato emergente, comprando 10mila ettari di risaie in Romania, dove i terreni abbandonati non mancavano dopo la caduta di Ceausescu ( che, ironia della sorte, amava il risotto italiano): situazione ideale per produrre a basso prezzo. Ha osato persino sfidare i cinesi sul loro stesso terreno, aprendo uno show room per la vendita del riso nella ricca provincia agricola di Wuhu.
Una strategia pagante, visto che nel 2010 il gruppo ha superato i 260 milioni di fatturato, attestandosi al primo posto fra i produttori di riso europei. E il «dottor Scotti», insignito da Ernst & Young del premio imprenditore dell’anno, si produceva come consulente degli aspiranti innovatori, lettori di «Millionaire», al capitolo «Trova un’idea geniale e trasformala in un business».
Addirittura si cimentava, nelle numerose interviste, in una sua personalissima filosofia aziendale: «Creare valore e cultura nel riso», e anche «La bussola dell’azienda è il business pulito». Ovvero, l’impianto a biomasse, che si preparava a clonare in tutta la Lombardia: ma l’ha fermato l’inchiesta. Che prima ha coinvolto i vertici della centrale, poi lo stesso patron della Riso Scotti.


Lui che, a differenza di altri famosi colleghi, imprenditori dell’alimentare, non ha mai voluto mettere la faccia in tv- «L’azienda non è tutto, alla mia vita privata ci tengo», diceva- adesso c’è finito sul serio. Ma non per uno spot.

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