E De Magistris evoca le bombe: «Si avvicina una fase stragista», questo il titolo a caratteri cubitali riportato sul Giornale di domenica scorsa. Leuroparlamentare dellIdv ai microfoni della trasmissione Klauscondicio afferma che non esclude una stagione di bombe e che alla caduta di Berlusconi poteri occulti cercheranno di occupare i poteri forti dello Stato. A questa affermazione farneticante e demenziale di De Magistris rincara la dose, come al solito, Antonio Di Pietro: «nel Paese cè un brutto clima che è stato creato da questa maggioranza irresponsabile, incapace e collusa». La tensione, fino a oggi portata avanti con la carta bollata e con la violenza verbale, dora in poi si servirà di proiettili, bombe e stragi? Meglio rimandare alle calende greche la seconda possibilità e attuare subito la prima: 1) denunciare De Magistris per il reato di procurato allarme; 2) denunciare Di Pietro per aver dato del «collusa» allintera maggioranza, a 470 onorevoli tra deputati e senatori.
Pescara
Io non darei tanta importanza alle balordaggini dette da De Magistris e Di Pietro, caro Olita. Quello che sconforta sono semmai le ripetute testimonianze di mancanza di equilibrio, obiettività e serenità di giudizio che essi forniscono. Vengono i brividi al pensare che luno e laltro amministrarono la legge. Laver consegnato la bilancia o la spada - meglio la spada, visto di chi stiamo parlando - in mano a quei due lasciando che la brandissero fino al momento in cui decisero che in termini di soddisfazioni e di retribuzione era più remunerativa lattività di parlamentare, grida vendetta al cospetto delle buone regole del vivere civile. Io non dico che si debba arrivare ai test e ai periodici esami psicofisici, non mi permetterei mai. Ma è certo che posto e carriera blindata e assicurata (non per merito, per anzianità. Comunque vada, ogni magistrato va in pensione come membro di Corte di Cassazione. Che sarebbe come se ogni giornalista andasse in pensione con la qualifica di direttore e ogni operaio con quella di amministratore delegato), posto e carriera assicurata, dicevo, non rappresentano certo lincoraggiamento più efficace a svolgere il proprio lavoro con solerzia e buona volontà. Ma così vanno le cose e dobbiamo farcene una ragione. Doppia, perché non è che a vederli poi catapultarsi dai ranghi della magistratura a quello di rappresentanti del popolo ci sia da tirare il fiato di sollievo. Del più tronfio dei magistrati divenuto il più altezzoso dei parlamentari, Oscar Luigi Scalfaro, non serve dire. È luomo del «non ci sto», è luomo del ribaltone. È luomo che quando indossava la toga in veste di pubblico accusatore, come sbagliarsi, chiese e ottenne la condanna a morte di almeno un imputato. Tuttavia, prima di mandarlo al patibolo egli racconta daver pregato il buon Dio. Cercandone lavallo? Eppure, per salvare una vita bastava dicesse: «Non ci sto» e lui lo sa fare.
Di questi altri due saltafossi, De Magistris e Di Pietro, cè invece da dire che avendo alle spalle una lunga carriera togata dovrebbero essere i primi a sapere che non si lancia unaccusa senza che sia suffragata da uno straccio di prova. Ma essendo stati i magistrati che sono stati, è naturale che ignorino o disattendano il precetto. Molto nel loro stile, al contrario, agitare il fantasma di trame oscure, di poteri forti e poteri occulti in combutta coi poteri bombaroli e la Brigata Escort, pronta a scatenarsi, sovvertire le istituzioni e fare della Costituzione «più bella del mondo» carta da parati. Storie vecchie, già sentite e che come febbre terzana ogni tanto tornano ad affliggerci. Anche se, diciamoci la verità, caro Olita, non è che abbiano tutti, ma proprio tutti i torti.
Paolo Granzotto
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