Luis Enrique, mi manda Guardiola Finché il Barça non lo richiama

Ormai abbiamo la Spagna dentro il cervello, il nuovo Eldorado c’ha fulminato, la nazionale un piccolo Barcellona, De Laurentiis dichiara apertamente di ispirarsi ai catalani, il modello è la cantera, il fair play del gruppo Guardiola la filosofia della famiglia vincente. E così non era un depistaggio la corte della Roma a Villas Boas, non esattamente una copia di Luis Enrique, ma nella nuova dirigenza italo-americana il tentativo di fare una rivoluzione e azzerare il passato era palese. L’originale resta il Barcellona A, in mancanza dei titolari c’è il lato B della faccenda, e cioè Luis Enrique Martinez Garcia e il suo 4-3-3 che nella Seconda divisione spagnola ha distrutto ogni precedente record di reti. Incassandone anche troppe, ma ogni medaglia ha il suo lato B.
Josep Guardiola per Luis Enrique non è solo il suo predecessore sulla panchina del Barcellona B, è la guida assoluta, il maestro da studiare e copiare, un amico che lo ha spinto alla Roma, quello che lo ha convinto più di ogni altro incontro con Walter Sabatini. José Maria Orobigt, l’agente di Guardiola, lo ha già designato l’unico possibile erede dell’attuale tecnico del Barcellona: «Da quello che ho potuto vedere sta crescendo sulla scia di Pep - ha confidato -, è un grande lavoratore. E’ giovane, ma si muove come un veterano, tiene molto alla disciplina ed è attentissimo ai dettagli. È lui il futuro Guardiola». Uno che picchia duro in spogliatoio, magari sarà facile con i vari Jeffren, Romeu e Montoya, tutti poco più che ventenni, ma il carattere è quello di un perfezionista che ha chiuso un ironman di 3.800 metri a nuoto, 180 Km in bicicletta e 42,195 di corsa in 10 ore e 19 minuti. Fisicamente e mentalmente pare esente da crolli e con una grande autostima. Roma bella e affascinante ma Barcellona resta la meta, nel suo contratto ha fatto inserire una clausola che lo libera nel caso Guardiola lasci il club, ecco perché voleva firmare un annuale, percepisce, o forse ha ricevuto una confidenza diretta, che Pep è all’ultima stagione e lui vorrebbe fare il bis, successore sulla panchina B catalana e poi anche su quella più prestigiosa. In Catalogna lo chiamano Lucho, lui è tutto tranne che accondiscendente, decide tutto in prima persona, non accetta consigli, se prende di mira un giocatore gli spegne il sorriso. Ad alcuni giovani della cantera è bastata la chiamata in prima squadra per escluderli dal gruppo. Ha un suo personalissimo staff e si fida solo di quello, il suo vice è Joan Barbarà, Ricard Segarra il preparatore dei portieri, Ramon Isidre e Robert Moreno i tattici, il preparatore atletico è anche il suo personalissimo trainer e si chiama Josè Ramon Callen. Se li porta a Roma, magari sceglie un solo tattico ma vuole con sè Ivan De la Peña, suo primo collaboratore, ex Lazio ma non ci si ferma davanti al passato. Poi ci sono i piccoli, l’attaccante Jeffren è il più famoso, Soriano è il Pichichi della seconda divisione, Romeu Vidal ha esordito in finale di Supercoppa e sarà molto difficile strapparlo a Guardiola, Montoya è un esterno basso, under 21, Enrique li vuole tutti nella Capitale. Farebbero da maestri ai veterani del centrocampo romanista, ritenuto dalla stragrande maggioranza della nostra critica il più solido, per Josè Mourinho il più invidiato.
Impresa non facile ma quella di Luis Enrique è una rivoluzione soprattutto sul prato, ritmi e allenamenti da paura, attaccanti massacrati da lavoro dedicato, vietati i cross dalle fasce, quelli alti per intenderci, quelli che predilige Borriello. Molto lavoro sulle fasce, e qui Jeffren sarebbe veramente uno specialista, e palla rigidamente giocata bassa, passaggi stretti, possesso maniacale. Insomma il Barça. Vucinic alla Juve, Menez al Milan, Doni, Pizarro, Cassetti, Riise, Perrotta, tutti a fine corsa, si vocifera di un ritorno di Aquilani, e di Angelo Peruzzi come team manager, ci sono Podolski e Kranjicar in agenda, ma è tutto fermo, anche il rinnovo di Daniele De Rossi.

Il motivo è semplice, non c’è nessuno che ha l’autorità per metterci una firma, appena il Cda delega un consigliere, anche per Luis Enrique sarà tutto fatto. C’è un progetto grande come una montagna in bilico su una biro, comunque allo spagnolo daranno tutto ciò che desidera, per ora un biennale a 1,5 milioni a stagione con opzione per la terza, sempre che ne faccia due.

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