L'ultima sfida dei medici agli ammazza-vampiri

Nelle culture tribali le cure occidentali sono pratica demoniaca. E i dottori rischiano la vita

Luigi Guelpa

L a notte di Halloween è da poco trascorsa, ma in Malawi, nell'Africa orientale, sono convinti che i vampiri esistano davvero e che non siano una rappresentazione dell'innocuo «dolcetto scherzetto». In una nazione che vive sulle montagne russe emozionali, dove un presidente dichiara illegittimo (primo nell'Africa nera) il reato di omosessualità, ma dove la diffusione del lavoro minorile nelle piantagioni di tabacco mette persino i brividi all'Unicef, da qualche mese si combatte, a colpi di pietre, bastoni e machete, contro i vampiri. In realtà gli eredi del conte Dracula non vengono dalla lontana Transilvania, bensì sono medici e infermieri locali o appartenenti alle organizzazioni umanitarie. Persone che impiegano ogni istante della loro vita nel tentare di risolvere la disastrosa situazione sanitaria del Malawi, ma che nella cultura animista, dove le divinità ancestrali mettono in un angolo le proprietà farmacologiche di un antibiotico o di un antidolorifico, sono considerati dei «cavatori di sangue» ispirati dal demonio. Tutto questo non accade nel villaggio più sperduto, ma a Blantyre, 900mila abitanti, la seconda città più grande del Malawi dopo la capitale Lilongwe (che ne conta più di un milione). Nel solo mese di settembre a quelle latitudini sono stati trucidati un centinaio tra medici, infermieri o semplici portantini dalle pattuglie anti vampiro. «Altro che cure, bevono e si ubriacano di sangue umano, fino a dissanguare e a uccidere le loro vittime» ha raccontato in tribunale come nulla fosse Pempho Chirwa, 23 anni, uno degli arrestati. Parole farneticanti pronunciate da una persona all'apparenza sana di mente. «È questo il vero problema - spiega il capo della polizia Lexon Kachama -, durante gli interrogatori non abbiamo ravvisato particolari deliri negli estremisti, se non quello di considerare i medici creature del male. Dalla scorsa estate a oggi siamo riusciti a catturarne quasi 150, ma ci troviamo in difficoltà perché agiscono come una guerriglia e non abbiamo riferimenti attendibili dei loro spostamenti». Le pattuglie si muovono principalmente al calar del sole, quando, a loro dire, i vampiri sono nel pieno dell'attività. In realtà sono i medici dei turni di notte, aggrediti negli ambulatori, in casa, o accerchiati da estemporanei quanto letali posti di blocco. Per queste ragioni il ministro degli Interni Paul Chibingu non ha potuto fare altro che rivolgere un appello all'Onu. Dal Palazzo di vetro hanno preso sul serio la richiesta del Malawi, inviando un drappello di caschi blu a proteggere soprattutto gli ospedali della regione di Phalombre, dove sorge appunto la città di Blantyre. È stato imposto il coprifuoco e concesso, per ora solo ai medici stranieri delle organizzazioni umanitarie, di potere esercitare la loro professione armati. Persino il presidente della repubblica, Peter Mutharika, si è recato in visita nella zona a metà ottobre: ha incontrato la popolazione, rassicurandola sul fatto che i medici non rubano e non succhiano il sangue, semmai salvano parecchie vite.

Difficile però che sia riuscito a fare breccia nelle menti sequestrate da credenze ataviche. Purtroppo le voci e le leggende sulla presenza di vampiri nella regione di Phalombre sono ricorrenti e risalgono ad almeno una trentina d'anni fa. Da quelle parti del Malawi la povertà è particolarmente diffusa e stregoneria e superstizioni sono profondamente radicate nella cultura popolare. Le prime aggressioni risalgono al 2002, ma dalla scorsa estate la situazione sta diventando insostenibile e alcune Ong hanno deciso di abbandonare il Paese. È il caso della Volunteer, organizzazione sudafricana di Port Elizabeth. Uno dei medici, Rodrick Vanbande, ha raccontato del suo incontro con una pattuglia di anti vampiri e di come sia riuscito a salvarsi. «Mi trovavo in auto, quando ho visto che la strada era stata bloccata da alcuni pneumatici in fiamme. Quando mi sono fermato e ho cercato di scendere loro erano lì, in agguato, armati di bastoni e machete. Sono risalito in auto, ho forzato il posto di blocco e di sicuro ne ho investiti un paio. Non so come sia andata a finire per loro, ma la mia vita era davvero appesa a un filo e ho dovuto scegliere».

È l'ennesima piaga di un Paese che si pone verso il fondo della classifiche per indice di sviluppo umano, dove la nuova classe dirigente, salita al potere con le elezioni del 2014, non ha dato ancora grandi prove di sé, dove la corruzione rimane uno dei problemi fondamentali e dove le inondazioni di gennaio hanno messo in ginocchio l'intera economia agricola del Paese. Quanto sta accadendo in Malawi è inoltre l'ennesimo atto delittuoso perpetrato nei confronti dei medici e ricorda difficoltà e traversie che affrontano quotidianamente i colleghi che lavorano in Somalia.

Nel corno d'Africa gli Al Shaabab, i signori della guerra tornati recentemente alla ribalta per i feroci attentati di Mogadiscio, hanno persino messo una taglia su medici e infermieri, colpevoli in questo caso non di rubare il sangue, ma di somministrare «farmaci che in realtà sono sostanze velenose preparate dai sionisti per indebolire i corpi e comprometterli nella guerra santa contro gli infedeli».

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