AAA. Affittasi immobile con ampio giardino. Dietro annunci normalissimi come questo si nasconde l'ultima metodologia sanguinaria dei narcos messicani per fare scomparire il cadavere dei loro nemici, siano essi membri di cartelli rivali o testimoni scomodi. A fare scoprire questa macabra «ultima moda» del crimine è stato per primo don José, un simpatico vecchietto che al quotidiano El Heraldo de Chihuahua ha raccontato come - dopo avere affittato da qualche anno la sua casa a persone che gli versavano regolarmente gli affitti ogni mese - tutto sia stato scoperto per caso.
«Stavo passeggiando tra la dodicesima e via Ángel Posada nel quartiere Juárez di Chihuahua (l'indirizzo della casa affittata, nda) quando ho visto uscire dal giardino un cane con un enorme osso in bocca». L'aspetto era quello di un femore. A quel punto l'ottantenne proprietario s'incuriosisce e, una volta arrivato sul retro di casa, vede confermati i suoi pensieri peggiori trovandosi di fronte a una scena dantesca: un mucchio di ossa umane che il quattro zampe aveva riportato in superficie, scavando come fanno tutti i cani dotati di buon olfatto. Comprensibilmente spaventato ha chiesto subito aiuto ai vicini che, dopo averlo calmato con un bicchiere d'acqua, telefonano subito alla polizia «perché - chiarisce lo stesso don José - io non voglio problemi con le autorità visto che ho almeno un morto sepolto in casa, naturalmente a mia insaputa». Tutto nasce dunque da questa denuncia fatta l'11 gennaio scorso e, per lo meno, da allora i messicani sanno che, prima di affittare una casa, non basta più solo una fideiussione bancaria per stare tranquilli.
Nei giorni scorsi le autorità locali hanno fatto sapere di avere già scoperto dieci abitazioni affittate a Chihuahua da parte dei narcos, con almeno venti cadaveri trovati nei rispettivi giardini o sottoscala. Il timore, tuttavia, è che siano molte di più. Del resto, cosa di più sicuro una volta scaduto il contratto di locazione se non «lasciare in eredità agli ignari proprietari i cadaveri dei nemici in case pulite e al di sopra di qualsiasi sospetto?».
A detta degli inquirenti questo nuovo modus operandi è stato introdotto per primo dall'organizzazione criminale Nueva Gente, un gruppo di sicari sorto nel 2007 e conosciuto anche come Los Chapos visto che uccidono e torturano per conto del più celebre Cartello di Sinaloa di cui El Chapo Guzmán è il fondatore. Altri cartelli, poi, avrebbero imitato i criminali creativi di Nuova Gente.
Dopo le decapitazioni in serie, dopo file di cadaveri appesi con funi a ponti e alberi di città anche turistiche e un tempo tranquille come Acapulco e dopo le fosse comuni in case di campagna o in zone isolate (solo nel 2017 ne sono state trovate 276), adesso i narcotrafficanti di Chihuahua - capitale dell'omonima regione che ospita anche Ciudad Juárez, tristemente celebre per i femminicidi - usano dunque il metodo del rent to kill com'è stato ribattezzato, ovvero «affittare per uccidere», l'ultimo marchio di fabbrica dei narcotrafficanti messicani.
Trattandosi di un fenomeno nuovo ancora non esiste in Messico una legge come quella che, ad esempio, introdusse in Italia negli anni Settanta il certificato anti-terrorismo per tutelare i proprietari dall'accusa di essere fiancheggiatori di Br et similia. In attesa che qualcosa di simile venga elaborato dai lenti legislatori messicani, Carlos Marco Jiménez, il procuratore di Chihuahua che ha in carico l'inchiesta Rent to kill, ammonisce i rischi che affrontano i proprietari d'immobili nel Paese del tequila: «Oggi chi affitta case e appartamenti deve fare molta più attenzione perché rischia d'incorrere nel reato di complicità che, se poi accertata in fase processuale, può portare all'esproprio dell'immobile da parte dello Stato». Oltre al danno, dunque, anche la beffa mentre, sinora, è stata decretata la prigione preventiva a tre dei dieci proprietari di case con cadaveri trovati in giardino.
Del resto, il 2017 è stato l'anno con il maggiore numero di omicidi in Messico da quando nel 1997 esiste un registro apposito per questa macabra contabilità sotto il Rio Bravo o, come lo chiamano negli Stati Uniti, il Rio Grande. 29.168 per la precisione secondo i dati forniti dal ministero dell'Interno. Un'enormità per una nazione come il Messico che, con i sui 128 milioni di abitanti, fa 20,5 omicidi l'anno ogni centomila abitanti, un tasso di «violenza endemica» secondo l'Onu, che cataloga così ogni nazione con più di dieci ammazzamenti (in Italia, per capirci, siamo a un omicidio, sempre ogni centomila abitanti).
Un aumento senza precedenti della violenza che l'agenzia statunitense di analisi Stratfor spiega con «la balcanizzazione dei cartelli», ovvero una frammentazione sempre maggiore dei gruppi criminali che si dedicano al narcotraffico. Un fenomeno aumentato dopo l'arresto e la successiva estradizione di Joaquín el Chapo Guzmán a New York, lo scorso gennaio, e che ha fatto scorrere sangue a fiumi per il controllo del traffico in città strategiche di confine, responsabili di esportare oltre il 70% delle droghe poi consumate negli Stati Uniti. Su tutte Ciudad Juárez ma anche Tijuana, Mexicali e la già citata Chihuahua, con da un lato il Cartello di Sinaloa rimasto orfano del suo líder máximo, e dall'altro l'emergente Cartello Jalisco Nueva Generación (Cjng). Nel bel mezzo di questa guerra non dichiarata migliaia di vittime, decapitate, appese ai ponti o fatte sparire in fosse comuni e, adesso, anche in case affittate ai narcos da insospettabili e quasi sempre ignari proprietari.
Ma ancora più cruenta e confusa è la guerra per il controllo delle piazze di Monterrey e di Guadalajara, contese tra Los Zetas, il Cartello del Golfo, la Familia Michoacana, i Cavalieri templari e le già citate organizzazioni criminali di Sinaloa e Cjng, dove la guerra senza esclusione di colpi è appena agli inizi. A luglio ci saranno le presidenziali, a detta degli analisti le più infiltrate dai narcos della storia del Messico.
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