Controcultura

L'ultimo Totti non dribbla l'effetto parodia

L'ultimo Totti non dribbla l'effetto parodia

Le biografie dei grandi personaggi sono sempre un terreno minato, sia che si lavori sulla verosimiglianza più fedele all'originale, sia che se ne cerchi un'interpretazione che, inevitabilmente, provoca una distanza. In entrambi i casi però è in agguato il rischio effetto parodia se non addirittura quello dell'imitazione alla Crozza: quando succede non si può fare a meno di ridere anche se non era quella l'intenzione degli autori.

In effetti Speravo de morì prima, miniserie Sky in sei puntate, si confronta e scontra con il recente bellissimo docufilm di Alex Infascelli dedicato a Francesco Totti. Lì l'agiografia del capitano giallorosso attraversava la sua intera carriera, dagli esordi al ritiro, mentre qui la vicenda si concentra sugli ultimi anni, quando il campione quarantenne matura l'inevitabile addio al calcio, complicato dal burrascoso rapporto con l'allenatore Luciano Spalletti. Cose che non solo i tifosi conoscono - Totti ha inaugurato l'era dei calciatori mediatici - talmente importanti da sovrapporsi alle imprese sul campo, finendo col diventare una storia paradigmatica: può un campione assoluto ma invecchiato godere dei soliti privilegi o la legge del tempo vale per tutti, anche per i più forti?

Nella serie diretta da Luca Ribuoli e ispirata all'autobiografia del capitano scritta insieme a Paolo Condò, tocca innanzitutto abituarsi al volto di Pietro Castellitto. A Totti somiglia poco e allora ne imita il tono di voce, la parlata smozzicata (alcuni dialoghi sono incomprensibili, ci vorrebbero i sottotitoli come in Gomorra) e inoltre ha dieci anni di meno, e si sentono. In questa storia classica c'è bisogno di un antagonista, servito in Gianmarco Tognazzi che interpreta Spalletti: l'effetto comico che si diceva prima, la parlata puntuta e cantilenante del tecnico toscano viene sostanzialmente ridotta a birignao. Funziona solo perché ce lo rende odioso. Un altro che fa ridere è Antonio Cassano (Gabriel Montesi), a differenza delle figure femminili che riscattano il film da prove attoriali piuttosto mediocri. Una Monica Guerritore senza trucco è la mamma di Totti, Greta Scarano è bravissima nel ruolo di Ilary Blasi semplicemente perché fa sé stessa e non cerca strane reincarnazioni alla Stanislavskij de' noantri, confermandosi una delle interpreti migliori della nuova generazione.

Anche Roma resta placida sullo sfondo, quando nel film di Infascelli funzionava da bellissima coprotagonista. Difetti a parte, la sfida si presentava davvero improba per un risultato non completamente insufficiente, ma che certo non convince come ci saremmo aspettati. Coraggiosa comunque la scelta di puntare sul viale del tramonto, che ha il vantaggio di coinvolgere l'interesse di un pubblico più ampio, ben oltre gli appassionati di calcio. Campione del mondo nel 2006, Francesco Totti è stato tra i pochi simboli non divisivi. Dopo di lui toccherà a Roberto Baggio, il suo esatto contrario.

Il primo ha giocato solo con la Roma, l'altro ha cambiato tante squadre, entrambi restano nel cuore di tutti i tifosi italiani.

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