Le date scorrono a ritroso e ognuna porta una croce, un paese, una protesta, un’emergenza da smaltire. Difesa Grande, Villa Ricca, Montesarchio, Acerra, Giugliano, Serre, Terzigno. È la Campania delle discariche e dei tanti no, dei camion carichi di spazzatura e della gente che ogni volta protesta. È la storia di quattordici anni di rifiuti che, come un’araba fenice maleodorante, torna a rinascere dalla cenere. Ieri il vertice in Regione Campania ha trovato la soluzione: per uscire dall’emergenza bisogna riaprire le vecchie discariche. Una scelta che scava nel passato, che spaccia per soluzione luoghi già dichiarati inadatti. E nella storia dei 14 anni di emergenza le idee dei commissari si rincorrono come un copione.
E ogni volta un flop, ogni volta un nulla di fatto, discariche chiuse e poi riaperte e poi di nuovo chiuse, e in mezzo proteste, gente arrabbiata, infuriata esasperata che dice sempre e ancora no alla discarica sotto casa. C’è la paura che poi tanto le cose non miglioreranno nemmeno questa volta, che tra promesse e giuramenti alla fine gli impegni non verranno rispettati, passerà lo stato di crisi acuto, e allora tutto tornerà esattamente come prima, come in un brutto sogno si avvertirà quel senso di impotenza di fronte al cambiamento, alla soluzione vera e definitiva di un problema eterno.
È il 2005 a Montesarchio, in provincia di Benevento, dopo oltre venti giorni di blocchi stradali da parte di cittadini della zona sulla Appia, la discarica viene chiusa. Una vittoria a tempo. Aveva aperto nel 2004 tra proteste e malcontenti. Un anno dopo 15mila persone scendono in piazza a gridare le loro ragioni: troppi pericoli per l’ambiente, per la salute, ci sono le statistiche della sanità che parlano chiaro: tumori in aumento, l’aria è malata, è paura, è rabbia che monta azzittita dalla decisione di serrare tutto. Eppure oggi riapre per prendersi 21mila tonnellate.
Ma quella di Montesarchio è storia comune, è storia che si ripete, che sa di presa in giro, commissari che per tamponare rimediano là dove la vecchia discarica c’era già, anche se satura, anche se nessuno la vuole rivedere in funzione perché non è a norma e inquina. Come quella di Villa Ricca sigillata nel 1994 per poi essere riaperta nell’ottobre del 2004. Sette mesi di riattivazione per scampare all’emergenza, manifestazioni e proteste, nel 2007 dopo altri tre anni di utilizzo intermittente viene dichiarata definitivamente chiusa. Oggi anche Villa Ricca fa parte dei siti individuati dal commissario. Stessa storia per Difesa Grande ad Ariano Arpino: nel ’95 la discarica viene aperta, nel 2004, dove 9 anni, la popolazione si mobilita. Iniziano le manifestazioni, mesi di presidi e scontri con le forze dell’ordine. Quattro mesi dopo la chiusura. Sembra finita, fino al 2007, riaperta per una ventina di giorni: mille persone impediscono l’arrivo dei tir. Il 9 agosto viene dichiarata per l’ennesima volta non idonea. C’è la chiusura, fino a oggi. Ancora una volta la parola definitivo suona come una beffa.
È il 20 gennaio del 2001 quando la magistratura dispone il sequestro di due tra le maggiori discariche campane: Parapoti, nel Salernitano e Tufino. Due impianti chiusi perché saturi, chiusi per l’elevato rischio ambientale. La lotta contro la discarica di Parapoti nel 2004 è durissima, la gente blocca i binari: l’Italia è spezzata in due. Ci sono soprattutto donne e anziani. Accasciati sulle sedie di plastica bloccano il Paese, poi la firma finale: Parapoti chiuderà, parola del commissariato. I treni ricominciano la loro corsa. La gente quella volta vince. Oggi quella decisione è l’unica che al momento regge, anche se è già stata definita «una riserva», e quindi una riapertura è possibile.
E poi Pianura, l’emergenza infinita, una discarica stracolma, gente esasperata che scende per le vie e grida no. Gli ultimi scontri pochi giorni fa.
Barricate, estremisti di destra e sinistra arrivati da tutta Italia per rompere, distruggere, incendiare cassonetti. È allarme diossina. Bloccano i camion, poi il blitz. Ieri l’ultima scelta: con lo stoccaggio delle cosiddette ecoballe sarà possibile liberare i depositi degli impianti di ex Cdr e così riavviare la produzione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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