Mettere mano su un testo drammaturgicamente perfetto senza violarlo, amandolo e consegnandolo al pubblico rispettandone lo spirito. È come se Leo Muscato con la sua riscrittura e regia di Casa di bambola di Ibsen, avesse soffiato sulle creature ibseniane trasferendole dal 1879 al 2007. Portandole integre sulla scena, con la loro miseria e inalterato dolore, reso struggente dallironia sottile che ammanta di leggerezza un colorato interno borghese sotto le feste di Natale.
Luci calde su questa Casa di bambola chiamata L'altra Nora e in scena al Crt Teatro dellArte di Milano fino a domenica. Luci che si accendono e spengono per una scena dove tutto è a vista, salotto e ingresso, pianerottolo e scale, e una piccola porta che si apre a indicare un altrove. Nora è Lunetta Savino, capace di creare una donna fragile, che ama e si adegua allimmagine di angelo del focolare che gli uomini hanno scelto per lei, la madre che si indebita per amore, che fa spese folli e inutili per compensare il vuoto.
Nora-Lunetta è una «forzata della gioia» che fa doni, balla frenetica, scarta regali senza aspettare mezzanotte curiosa come una bambina. Ma non riesce ad accendere le luci intermittenti. Lostentazione dellallegria mostra una solitudine esasperante nonostante il brulichio di chi le sta intorno, marito (Paolo Bessegato), dottore (Ruggero Dondi), luomo che la ricatta (Salvatore Landolina), lamica (Carlina Torta), il simpatico pony express (Barbara Bedrina). Tutti giusti nel loro ruolo, sostenitori di un ritmo perfetto. Nora, lunico personaggio ad avere un nome, è soffocata dal ruolo di brava moglie e brava figlia, mai veramente se stessa se non con il dottore, malato e invaghito di lei, come Ibsen lo fu di Laura Petersen, drammatica figura affetta da disturbi mentali. Dopo la festa in maschera con il dottore nei panni di un malinconico Pierrot, il marito in frac e lei in abiti da signora di fine Ottocento le maschere cadono, Nora si ribella, pensa al suicidio, poi va via. Il duello verbale finale tra lei e il suo uomo è intenso.
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