Lunga vita ai tifosi, sbagliano sempre pronostico

Partendo sconfitto dal punto di vista strettamente matematico, per il discorso dell'aggio (nessun bookmaker sano di mente scenderebbe sotto il 5 per cento), è evidente che l'unico modo che lo scommettitore puro ha di guadagnare sia quello di scommettere contro i tifosi. Come dimostrato anche dal Federer-Djokovic di sabato scorso, autentico bagno di sangue anche per gli amanti di live betting (lo svizzero era in vantaggio di un set e 3-1).
I tifosi in gran parte puntano su un risultato positivo della propria squadra, a prescindere da valutazioni tecniche. Poi c’è chi sopravvaluta la cosiddetta assicurazione emotiva, cioè il giocare contro i propri beniamini traendo soddisfazioni in ogni caso.
Nei giorni scorsi abbiamo avuto in mano il sondaggio a uso interno effettuato da un primario bookmaker europeo (senza nomi, ma lo vedete spesso a bordocampo in partite importanti), fatto su un campione di 2.000 giocatori abituali di taglia piccola (meno di 100 euro di giocata media), quelli che costituiscono la massa. Quindi siamo in grado di sfatare questo mito senza stare sul generico: prendendo come riferimento le scommesse calcistiche del 2008, la puntata da assicurazione emotiva ha inciso per circa il 2,4 per cento del volume.

Poco in assoluto, niente se messo in relazione con il gioco di segno contrario: c’è chi sta male se l'Inter perde, ma c’è chi sta male anche se l'Inter vince.
Conclusione: sono solo i tifosi «pro» qualcuno a lasciarci margine di manovra facendo sbagliare le quote al banco.

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