Controcultura

Lunga vita all'heavy metal splendido quarantenne

Dagli Iron Maiden agli AC/DC, nel 1980 sono usciti i dischi "fondatori" di un genere mai fuori moda

Lunga vita all'heavy metal splendido quarantenne

Dopotutto basta guardare le cifre. Se c'è un tipo di musica che non passa di moda è l'heavy metal, sì proprio quell'accrocchio di chitarre squadrate e rumorose che i critici prevedevano sarebbe durato quanto un gatto in tangenziale. Invece sono quarant'anni che tira dritto. Perché quaranta? In realtà l'heavy metal è la filiazione selvaggia dell'hard rock seminato nei Settanta dai Black Sabbath (Paranoid, Sabbath blood sabbath, N.I.B o Children of the grave sono veri manuali d'istruzione del genere), dai Led Zeppelin e dai Deep Purple, con il corredo di gruppi più o meno significativi che negli anni Settanta hanno assottigliato gli arrangiamenti e alzato il volume. Dagli Accept agli Ufo, dai Blue Oyster Cult ai Tygers of Pan Tang fino alle Girlschool.

Poi, come spesso accade nei cicli musicali, c'è l'anno zero. Per il metal è il 1980 perché in pochi mesi sono usciti alcuni dischi miliari come Back in black degli Ac/Dc (il secondo album più venduto di sempre dopo Thriller di Michael Jackson), l'omonimo debutto degli Iron Maiden, Women and children first dei Van Halen, Ace of spades dei Motorhead, Heaven and hell dei Black Sabbath (il primo con Ronnie James Dio), On through the night dei Def Leppard, British steel dei «Metal gods» Judas Priest, Strong arm of the law dei Saxon, Blizzard of Ozz di Ozzy Osbourne, Animal magnetism degli Scorpions e il gran bel doppio live Ain't no love in the heart of the city degli Whitesnake. La folata di nuova musica fu subito chiamata New Wave of British Heavy Metal dai giornalisti inglesi, anche se non tutte le band erano inglesi ma, si sa, a loro, specialmente alle firme di Kerrang!, queste definizioni piacciono sempre. In ogni caso quei dischi tuttora sono i comandamenti di un genere che poi è diventato sempre più americano, ha trovato nuove etichette e nuovi codici e, con band come Metallica e Guns N'Roses, ha raggiunto vertici di vendita stellari. Ora, quarant'anni dopo le band heavy metal pestano ancora duro (letteralmente) sul tavolo della musica, se non altro per mancanza di concorrenti altrettanto fidelizzati. E a confermarlo sono le cifre di vendita dei dischi (ne pubblicano pochi) e dei concerti (ne fanno sempre tanti). Per capirci, nel 2015 gli Ac/Dc hanno venduto più biglietti di tutti al mondo (2 milioni e 310mila) superando persino la ragazza d'oro Taylor Swift. E, ogni volta che decidono di fare un tour, gli Iron Maiden viaggiano a circa 1,5/2milioni di dollari incassati a data. Un successo che dipende essenzialmente da due caratteristiche.

Intanto il metal è sostanzialmente invariabile nel tempo sia nei suoni che negli stilemi. Il resto della musica cambia, il metal no, e la costanza alla lunga paga. Nato per «spaccare tutto», essere «louder than hell» (più rumoroso dell'inferno) e gridare forte inni di libertà e fratellanza, ora è una sorta di comfort zone nostalgica e rassicurante per un pubblico mediamente superiore ai trent'anni. Nell'era della liquidità musicale e della frenetica variabilità delle mode, l'heavy metal non cambia i punti cardinali perché continua a funzionare: riff di chitarra, voce incalzante, batteria tribale, armamentario iconografico tendente al kitsch o allo splatter. Un codice di comunicazione che intercetta tanti tipi diversi di pubblico, dagli amanti dei fumetti e dei tatuaggi a quelli della fantascienza fino ai bikers alla Easy Rider e ha simpatie politiche specialmente a destra, talvolta estrema, piacendo anche a frange di integralisti cristiani (i californiani Stryper sono stati gli «inventori» del Christian Metal e furono trasmessi anche da Mtv). Infine il metal è basato anche sul virtuosismo, specialmente chitarristico, e tanti maestri della sei corde sono passati da qui, da Eddie Van Halen a Slash a Joe Perry, Yngwie Malmsteen, Steve Vai, Joe Satriani, Michael Schenker.

Ma l'elisir di giovinezza è senza dubbio la capacità quasi unica di creare un «sottogruppo culturale» sopravvissuto agli inevitabili cambiamenti anagrafici ed esistenziali del pubblico. «Si è metallari a vita» dicevano tanti quaranta/cinquantenni professionisti o impiegati, genitori o anche nonni, stempiati e panzuti oppure in formissima, a Imola nel 2015 sotto il palco degli Ac/Dc togliendosi la camicia bianca per vestire orgogliosi la T-Shirt con Angus Young stampato davanti. Il richiamo della foresta che garantisce ancora oggi una grande vitalità al punto da riempire stadi, arene e festival in tutto il mondo. E poi l'heavy metal è rimasto una delle poche aree musicali ancora circondate da leggende, spesso romanzate ma comunque così potenti da trasformare i personaggi metal in veri e propri simboli della provocazione. Come Ozzy Osbourne, che è il prontuario vivente degli eccessi.

Insomma, il metal è una moda che non passa di moda ed è una sorta di richiamo generazionale, una specie di ululato rock cui il pubblico non smette di rispondere anche se, invece del giubbotto di pelle, adesso indossa il blazer blu.

Commenti