Paolo GiordanoPer condividere con voi il significato della parola condivisione basta girarsi indietro. Appena un po'. Appena il necessario per vedere come questa categoria dell'animo sia diventata un asse portante del nostro tempo. Come spesso accade, la scintilla è stata la musica: il file sharing ha acceso il life sharing, una sorta di condivisione pressoché continua delle vicende di vita. E per comprenderne l'importanza non contano le divagazioni intellettuali, le citazioni da Wikiquote o il proliferare di analisi sociologiche ma asociali perché illeggibili. Conta la nostra vita. Oggi tutti (tutti) condividiamo, in un giorno solo, molto più di quanto i nostri genitori, i nostri nonni e i nonni dei nostri nonni abbiano condiviso in tutta la loro vita. Scambio di emozioni. Di racconti. Di musica e film. Di retorica e di formalismi ma anche di verità spesso impudiche o feroci o comunque toccanti e istruttive. Tutto, anche i social network, ha origine dal medioevo della musica leggera, dalla tempesta web che ha portato il pop a diventare un bene da condividere. E il passaggio da proprietà privata del disco (il download) a possesso delle canzoni (ossia lo streaming) ha aiutato a limare le differenze, gli angoli, le asperità tra i singoli individui delle nuove generazioni. Siamo destinati a diventare i nuovi peripatetici, che si scambiano informazioni non camminando intorno al Ginnasio ma correndo sulla rete (leggete Mi fido di te, di Gea Scancarello).
Un processo lento, con resistenze inaudite, ma inevitabile per raggiungere un assetto sociale compatibile con il buon senso e le nuove istruzioni tecnologiche. Condividere significa tollerare ma non necessariamente fare proprio. Condividere significa convivere. Ed è per questo che sarà uno dei concetti chiave del 2016. Per forza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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