«M’ha truffata in fin di vita» Una pagina per dirlo a tutti

«L’ho fatto per un motivo semplice: non mi resta da vivere tempo a sufficienza per fare una causa a questo signore. Anche se i tempi della giustizia non fossero quelli che sappiamo, io non vivrei a sufficienza per chiamarlo a rispondere di quello che ha fatto. Ma non voglio che possa farlo ad altri. E l’unico modo è allora raccontare a tutti cosa è accaduto. Con il suo nome, e il suo cognome».
La voce di Maria Francesca Parenti arriva chiara e ancora forte, dalla sua casa sulle colline fuori Bologna. Sta per morire, lo sa, e ne parla senza commiserarsi. «Tre mesi, dicono i dottori». Solo lei sa quali bilanci privati sta tirando in questo momento. Ma di un pezzo della sua vita ha voluto parlare in pubblico, e con uno strumento inconsueto: una inserzione a pagamento sul Giornale, una intera pagina pubblicata nell’edizione di ieri, per raccontare la sua storia di donna ingannata e truffata.
Ha chiesto che venisse pubblicata nelle pagine milanesi e lombarde perché milanese è l’uomo di cui con nome, cognome, data di nascita e indirizzo si racconta vittima: Alessandro Maggi, 41 anni. Conosciuto pochi mesi fa, a gennaio di quest’anno, a tavola, presentato da amici comuni. E che nel giro di pochi mesi le porta via diecimila euro per una pietra di poco prezzo, e poi ottantamila euro in contanti. Nel frattempo, riesce anche a farsi comprare una grossa auto, e ad accumulare settecento euro di multe, tutte recapitate alla signora.
«Io non ho difficoltà economiche, e se mi restasse del tempo da vivere ce la farei tranquillamente anche senza il denaro che quell’uomo mi ha preso. Ma penso a chi potrebbe essere stato al mio posto, a qualcuno per cui quelle somme potevano invece significare i risparmi di una vita. Io non so se sono stata la prima vittima. Il mio pensiero è che l’abilità coi cui è stata conquistata la mia fiducia non si improvvisa. Ci vuole mestiere, per fare leva sui sentimenti della gente. Ma comunque del suo passato non so nulla, e credo che molte delle cose che mi ha detto non siano vere. L’importante è il futuro: impedirgli di fare del male ad altre persone come me».
Delle colpe di Alessandro Maggi, la signora Parenti spiega di avere in mano la documentazione: sono le carte che porterebbe in tribunale, se le restasse abbastanza tempo. Ma le carte non spiegano come una donna adulta e colta abbia aperto così facilmente la sua fiducia ad uno sconosciuto. «Ero vulnerabile. Avevo ricevuto delle batoste nella vita, nell'amicizia, nei sentimenti. Lui lo ha percepito. Mi diceva: anche io sono come te».
Alle raccomandate di Maria Francesca, Alessandro non ha mai risposto. Se lo incontrasse oggi, cosa gli direbbe? «Non lo so... Forse gli direi di vergognarsi, non per quello che ha fatto ma per avere utilizzato i suoi bambini piccoli. Sapeva che ho perso un figlio, e li usava per fare ancora più breccia dentro di me.

Forse gli direi che deve vergognarsi per gli sms in cui mi ha accusato di essere una pazza e di essermi inventata tutto, persino la mia malattia. O forse, più semplicemente, mi piacerebbe mettergli le mani addosso. Ma non credo proprio di averne più la forza».

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