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Il macabro ricatto di Hezbollah terroristi in cambio di cadaveri

È stato solo il primo atto, si aspetta. Il “piccolo scambio” della notte di lunedì dovrebbe adesso preludere a quello vero. Hassan Nasrallah ha promesso al Libano con un discorso trionfalista e pieno del consueto odio razzista verso Israele, la liberazione di tanti prigionieri dalle carceri israeliane: quelli suoi, come Samir Kuntar, il terrorista libanese che uccise quattro persone fra cui una bambina e suo padre, e altri, palestinesi. Israele invece attende i suoi soldati rapiti di cui non sa più nulla, mentre, a causa di un’altra briciola caduta dal piatto di Nasrallah, si rinnova il sogno che il suo mito, il pilota Ron Arad, sparito nel 1986, sia forse in vita, o almeno si sappia com’è finito.
Ma la realtà sembra essere molto meno lineare. Israele potrebbe, speriamo di no, ricevere di nuovo soltanto dei corpi, e Nasrallah potrebbe ottenere dal «grande scambio» che ha promesso ieri in un discorso televisivo, la spinta popolare che cerca per distruggere una volta per tutte, sull’onda della popolarità, la democrazia libanese boccheggiante nelle spire siriano-iraniane. Nasrallah infatti vuole restituire trionfalmente alle famiglie che lo pressano i figli imprigionati da Israele in guerra o azioni terroriste.
Ma nulla può essere più oscuro e crudele di uno scambio con gli Hezbollah: lunedì notte Israele vi ha guadagnato il corpo di un ragazzo etiope di 27 anni, Gabriel Dwait, affogato tre anni fa nel mare di Rosh ha Nicra sul confine, in cambio di un terrorista vivo e due corpi di Hezbollah uccisi in battaglia. È solo l’inizio: lunedì notte, ci dice Allon Ben David, giornalista militare esperto di Hezbollah, è stata solo messa in scena «un’azione di buona volontà» fra le due parti; è l’apertura di un ricatto degli Hezbollah senza nessuna chiarezza sulla posta, è un poker che alla sua conclusione avrà guadagnato a Israele, dicono fonti israeliane e arabe di cui si spera la fallacità, solo i corpi dei due soldati israeliani Eldad Regen e Udi Goldwasser, rapiti dagli hezbollah il 12 luglio del 2006.
Israele vuole credere fermamente con Carmit Goldwasser, la giovane moglie di Udi che ha avuto il coraggio di apostrofare Ahmadinejad all’Onu chiedendogli perchè non lascia visitare i prigionieri dalla Croce rossa, che i ragazzi siano ancora vivi. Quel rapimento scatenò la guerra fra Israele e gli hezbollah. Ehud Olmert, che alla vigilia del summit americano del mese prossimo dimostra lo stomaco di un mangiatore di fuoco, ha detto ieri che lo scambio è stato «equilibrato, a un prezzo che Israele può sopportare». Anche Israele ha imparato che la pietosa restituzione immediata dei corpi dei caduti, che si attua tuttora con ogni nemico, con gli hezbollah non vale, e si conservano i resti per «swap» che tuttavia sono sempre ampiamente impari.
Di fatto, si sa che Olmert si prepara a liberare schiere di terroristi in cambio dei due soldati delle riserve, che nessuno vuole dichiarare perduti nonostante svariate informazioni contrarie. Non si dichiararono perduti neppure i tre soldati rapiti nel 2000 dopo l’uscita degli israeliani dal Libano: ma dopo quattro anni di totale silenzio sulle loro condizioni, 400 palestinesi, oltre ad altri prigionieri, come i terroristi libanesi Mustafa Dirani e Shaikh Obeidi, furono scambiati con tre feretri più un possibile trafficante di droga, Elhanan Tennenbaum, sulla cui salute gli hezbollah avevano messo in giro notizie false per suscitare la pressione israeliana: si disse persino che gli erano stati strappati i denti.
C’è motivata preoccupazione per la vita di Eldad e Regev: si sa che almeno uno dei due era ferito a morte già dall’agguato, e l’altro era in condizioni molto critiche; manca da allora qualsiasi brandello di notizia. Inoltre lo scambio proposto da Nasrallah puzza di trappola lontano un miglio: il boss degli hezbollah vuole due fasi dello scambio, e non uno scambio che si compia in una fase. Prima, dice, datemi Samir Kuntar, i prigionieri e una grande somma di denaro, e solo allora, se tutto è a posto, dopo aver contato i dollari, vi daremo informazioni e procederemo nella trattativa per il rilascio.
In questa evenienza, in armonia con la tattica diabolica di Nasrallah, un gran polverone è stato sollevato in questa fase su Ron Arad, il pilota che probabilmente, ormai ognuno lo sa e non ama ripeterlo, ha finito i suoi giorni in qualche segreta iraniana. Al Ahbar, ha diffuso la notizia che agli israeliani nell’ambito del «piccolo scambio» sono stati forniti dei documenti di pugno del pilota.


Parlare di Ron è entrare a piè pari nell’epos stesso, nell’anima di Israele, Ron è l’eroe che, caduto in mano agli hezbollah, è poi finito probabilmente a Teheran: è l’immagine stessa del soldato che difende il suo Paese a costo della vita, il suo volto di ragazzo è l’amore e l’incubo di tutti: ne è stato fornita qualche foto emaciata e quasi morente nei decenni, e un breve penosissimo filmato un cui dice con la erre arrotata dell’israeliano sabre: «I am an israeli soldier».

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